LONDRA – Una fotografa di guerra del New York Times è stata aggredita sessualmente nei giorni in cui, assieme a tre colleghi del quotidiano americano, è rimasta ostaggio delle forze libiche fedeli a Muammar Gheddafi.
”Uno di loro mi ha palpato i seni”, ha detto Lynsey Addario, premio Pulitzer nel 2009 per il suo lavoro in Afghanistan. Ed è stato l’inizio di una serie di molestie sessuali continuate.
”Allungavano continuamente le mani. Ogni uomo che entrava in contatto con noi toccava ogni centimetro del mio corpo, salvo quel che c’è sotto i vestiti”, ha detto la giornalista al New York Times che oggi, dopo il rilascio, pubblica un resoconto della sua prigionia.
Per una donna reporter sulla linea del fronte è un rischio collaterale: è successo a Lara Logan, la giornalista della Cbs aggredita sessualmente e picchiata a Piazza Tahrir nella notte dei festeggiamenti dopo le dimissioni di Hosni Mubarak.
Logan è stata alla fine salvata da un gruppo di soldati e di donne egiziane ma una volta rientrata negli Usaè’ stata ricoverata in ospedale. La sua vicenda ha provocato una protesta del Dipartimento di Stato.
Molte donne giornaliste lavorano in questi giorni in Libia. L’inviata speciale del giornale tunisino Le Quotidien Fatma Ben Dhaou era scomparsa da quattro giorni dopo l’ultimo reportage tra i ribelli di Tobruk prima di contattare il marito via e-mail oggi. “E’ sana e salva. Si trova a Bengasi”, ha raccontato.
Addario è una veterana di tutte le guerre, dall’Afghanistan all’Iraq, dal Darfur al Congo e uno dei temi ricorrenti delle sue immagini e la rivoluzione velata delle donne islamiche. Parla italiano e oltre al Pulitzer due anni fa, nel 2010 ha vinto la prestigiosa MacArthur Grant, un riconoscimento che la omonima fondazione americana attribuisce ogni anno a una manciata di ‘geni’.
La fotografa era assieme al corrispondente del New York Times da Beirut Anthony Shadid, il fotografo Tyler Hicks e l’inviato di guerra Stephen Farrell quando è stata fermata a un posto di blocco di fedelissimi del rais a Ajdabiya.
”Ci hanno fatto scendere dalla macchina e uno dei libici mi ha tirato un pugno in faccia. Rideva di me. E quando ho cominciato a piangere, rideva ancora di più”.
Mentre ai colleghi maschi il trattamento riservato nei giorni del sequestro è stato all’insegna di pugni, ingiurie e minacce di morte, quello della fotografa ha avuto un ‘valore aggiunto’. Un libico ha minacciato di decapitare Hicks mentre, legati e caricati su un auto, venivano allontanati da Ajdabiya, mentre un altro libico ha accarezzato la testa della fotografa ”in modo tenero, morboso” ripetendole: ”Morirai stanotte, morirai stanotte…”.
I quattro del New York Times sono rimasti nelle mani dei libici per 48 ore: al terzo giorno sono stati bendati e caricati su un aereo per Tripoli dove, confinati in una sono stati trattati relativamente bene fino al rilascio ottenuto grazie all’intermediazione della Turchia.
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