NEW YORK – Lynsey Addario, una dei quattro giornalisti del New York Times ad essere stati tenuti prigionieri dalle forze militari di Gheddafi, ha rivelato di essere stata vittima di ripetute molestie sessuali durante la sua prigionia. Addario è una fotografa esperta, che ha conosciuto teatri di guerra come l’Afghanistan, il Darfur, il Pakistan e l’Iraq. La sua opera è stata coronata dal prestigioso premio Pulitzer per la fotografia.
Mentre seguiva gli scontri che opponevano le forze lealiste ai ribelli la Lynsey ed i suoi colleghi – Anthony Shadid, capo del bureau del Times a Beirut, il fotografo Tyler Hicks e il reporter Stephen Farrel – sono stati bloccati ad un check-point dell’esercito. I fotografi e giornalisti si stavano in quel momento allontanando dalla linea fronte, ritenuta in quel momento troppo pericolosa per l’intensificarsi dei colpi d’arma da fuoco. Senza accorgersene, hanno però diretto la jeep sulla quale viaggiavano nella direzione sbagliata finendo ad un posto di blocco dell’esercito di Gheddafi.
Qui, immediatamente riconosciuti, sono stati fatti scendere dal veicolo. Subito un soldato ha dato un pugno alla giornalista e l’ha guardata ridendo. Le lacrime dell’Addario sono servite soltanto a raddoppiare l’ilarità del militare. In quel momento, i ribelli hanno cominciato a sparare sulla postazione. Sbattuti a terra dai militari, i giornalisti hanno sentito gridare in arabo: «Uccideteli, uccideteli».
Hanno temuto di morire sul posto, freddati cinicamente dalle truppe e dai mercenari di Gheddafi. Poi un altro soldato ha gridato: «Non potete ucciderli, sono americani». I giornalisti, ormai divenuti prigionieri, sono stati dunque legati con del filo metallico, e caricati su una macchina.
Durante il viaggio un uomo ha palpato più volte il seno della giornalista – l’inizio di una serie di molestie sessuali durante tutte le 48 ore seguenti. «Ci sono stati tanti palpeggiamenti – ha dichiarato Addario in un’intervista rilasciata immediatamente dopo la liberazione – Praticamente ogni uomo con cui sono entrata in contatto, ha toccato ogni parte del mio corpo per vedere cosa avevo sotto i vestiti.» Mentre viaggiavano da Ajdabyia, l’Addario ha raccontato che uno dei soldati le carezzava la testa, ripetendole insistentemente: «Morirai questa notte, morirai questa notte».
Dopo una prima notte di prigionia in una macchina dell’esercito, la seconda è stata passata in una cella spoglia, con una caraffa d’acqua ed una bottiglia vuota per i bisogni corporali. In seguito, i giornalisti sono stati trasferiti in aereo a Tripoli, da dove, dopo tre giorni di inferno, sono stati liberati grazie alla mediazione dell’ambasciatore turco. La sorte dello chauffeur arabo che li accompagnava quando sono stati arrestati al check-point è a tutt’oggi sconosciuta.
