NEW YORK – Ahmad Khan Rahami, l’americano di origine somale accusato delle bombe a New York e in New Jersey, stava progettando gli attentati da mesi. Almeno dal 20 giugno, quando ha ordinato su eBay i prodotti chimici ed elettrici per i suoi ordigni. Ha continuato a ricevere i componenti fino al 10 agosto, poi ha cominciato a confezionare i tubi bomba e le pentole a pressione esplosive: non è ancora chiaro se abbia ricevuto l’aiuto di qualcuno.
Rahami ha acquistato su internet anche i due cellulari che dovevano servire per innescare le bombe. Su uno ha lasciato incautamente le sue impronte digitali, come pure sulla pentola a pressione che non è deflagrata e nello zaino con vari ordigni recuperato alla stazione di Elizabeth, in New Jersey. Passi falsi o prove della sua ingenuità, come dimostrano anche i video delle sue ciniche prove di attentato con tanto di risate, registrati due giorni prima che piazzasse le bombe e recuperati dal cellulare di un membro della sua famiglia.
I filmati mostrano il giovane mentre dà fuoco a “materiale infiammabile in un contenitore cilindrico”. Si vede l’accensione di una miccia, un rumore forte e le fiamme, seguite da una nuvola di fumi e da risate. Rahami non si preoccupava evidentemente di essere scoperto.
Su un taccuino che portava sempre con sé anche dopo essere diventato il ricercato numero uno d’America, aveva scritto: “Inshallah, il fragore delle bombe si udirà nelle strade. Proiettili per i vostri poliziotti. Morte alla vostra oppressione”.
Nel diario non fa alcun riferimento all’Isis né ai talebani, ma ammira il leader di Al Qaeda Osama Bin Laden, accusa gli americani di uccidere i mujaheddin (un tempo lo era anche suo padre) in Afghanistan, Iraq, Siria, Palestina. Ed evoca il martirio e la jihad, al centro anche di due dei suoi video preferiti su un account YuoTube aperto con il nome di yaafghankid786, dove compaiono pure romantiche canzoni d’amore afghane, immagini di clown paurosi, istruzioni su come farsi il nodo Windsor sulla cravatta, gatti e bimbi che giocano.
Rahami è ricoverato in ospedale, dopo essere rimasto ferito nel conflitto a fuoco con la polizia, e dovrà rispondere dell’accusa di aver usato armi di distruzione di massa e bombe in luoghi pubblici. L’Fbi intanto ha diffuso le immagini di due uomini ricercati come “testimoni” che sabato scorso a Manhattan hanno preso la borsa contenente la bomba che non è esplosa nella 27/ma strada.
Il taccuino, sporco di sangue e danneggiato da un proiettile nel conflitto a fuoco, conferma i timori della radicalizzazione e dell’antiamericanismo di Rahami, maturati forse dopo alcuni viaggi sospetti in Afghanistan e soprattutto in Pakistan, a Quetta e Karachi, due città ad alta concentrazione taleban-qaedista.
Tra i campioni dell’estremismo, oltre ad Osama bin Laden, il giovane esprime apprezzamento per l’imam americano-yemenita Anwar al-Awlaki, ucciso da un drone Usa in Yemen nel 2011, e Nidal Hasan, il maggiore americano autore della strage di Fort Hood, la base militare del Texas in cui nel 2009 furono uccise 13 persone.
Nel suo diario Rahami non dimentica neppure i fratelli ceceni Tsarnaev, autori dell’attentato alla maratona di Boston nel 2013, con le stesse pentole a pressione che lui ha piazzato a Chelsea.
Per fabbricare le sue bombe, aveva ordinato su eBay acido citrico, cuscinetti a sfere e accenditori elettronici, facendoli recapitare al fast food di famiglia. Tutti componenti che “possono essere legalmente comprati e venduti negli Stati Uniti e sono ampiamente disponibili nei negozi online e offline”, ha precisato eBay, che sta “collaborando attivamente con le forze dell’ordine impegnate nelle indagini”.
Forse quando nel 2014 il padre lo denunciò come terrorista, prima di ritrattare, aveva già qualche timore o presagio. Nel frattempo si è venuto a sapere anche che Rahami aveva lavorato come guardia non armata per alcune compagnie di sicurezza privata, inclusa una che forniva servizi alla Ap: per due mesi nel 2011 fece la guardia notturna negli uffici amministrativi dell’agenzia di stampa a Cranbury, New Jersey.
Il capo della sicurezza della Ap, Danny Spriggs, ha riferito che Rahami ingaggiava spesso con i colleghi lunghe discussioni politiche, esprimendo simpatia per i talebani e disprezzo per l’azione militare Usa in Afghanistan. Circostanze che, secondo un portavoce dell’agenzia, Paul Colford, furono riportate alle forze dell’ordine. Ma anche queste sembrano non aver consentito all’intelligence di alzare la guardia, come la denuncia del padre all’Fbi, i viaggi sospetti in Pakistan e la metamorfosi di Rahami al suo ritorno