
La domenica mattina era cominciata calma, a Bangkok, ma poi la tensione ha ripreso a crescere. Nella capitale della Thailandia ieri sabato almeno 20 persone sono rimaste uccise e oltre 800 ferite nel corso di violenti scontri avvenuti tra le forze dell’ordine e i manifestanti antigovernativi a Bangkok, secondo quanto riporta un nuovo bilancio delle vittime reso noto dai servizi di soccorso. Tra le vittime un cameraman giapponese dell’agenzia di informazione Reuters, Hiro Muramoto, di 43 anni.
Domenica nuovi sviluppi. Alcune migliaia di “camicie rosse” thailandesi stanno circondando questa mattina la sede di Thaicom, la società dal cui satellite passa la trasmissione del “Canale del popolo” oscurato dalle autorità , alla periferia nord di Bangkok.
Secondo il reporter di una tv locale, si sono già verificati alcuni tafferugli con le forze di polizia schierate a difesa del complesso, dove già venerdì si erano verificate violenze. Nella parte storica della capitale, ieri diverse serie di scontri tra militari e manifestanti fedeli all’ex premier Thaksin Shinawatra hanno causato 19 morti e 800 feriti.
Almeno quattro soldati, catturati dalle camicie rosse durante le violenze, rimangono in ostaggio. Mentre Bangkok conta le vittime di quello che è stato ribattezzato “Bloody Saturday”, nella capitale sono parzialmente riprese le corse della metropolitana sopraelevata Skytrain, sospese ieri. Quattro stazioni del centro, nella zona occupata dai manifestanti, rimangono però chiuse.
Si è trattato di una giornata di vera e propria guerriglia urbana , svoltasi nel centro della capitale della Thailandia, tra esercito e “camicie rosse”, i sostenitori dell’ex primo ministro, il miliardario Thaksin Shinawatra e che vogliono le dimissioni dell’attuale, primo ministro Abhisit Vejjajiva.
Sabato di fronte a un numero sempre maggiore di dimostranti, il governo ha ordinato di disperdere la protesta e i soldati hanno sparato e usato idranti contro i manifestanti sul ponte Phan Fah. Qui, i manifestanti hanno risposto lanciando delle molotov: il bilancio parla di 11 morti di cui almeno cinque sono civili, tra cui una giornalista giapponese che lavorava per l’agenzia Thomson Reuters, un uomo di 43 anni ed anche, secondo una tv locale, un cameraman giapponese.
Tra i feriti ci sono  anche numerosi militari: l’esplosione di una bomba ha infatti causato il ferimento di 25 di loro.
I militari all’inizio sembrava che avrebbero sparato solo proiettili di gomma contro i manifestanti:  ma già dalle dichiarazioni di un giornalista australiano di Abc News Australia, in quale aveva tuttavia dichiarato di essere stato colpito da un vero proiettile, si era capito che la musica era diversa.
L’esercito ha fatto inutilmente appello per una tregua dopo i violenti scontri e centinaia di agenti si sono ritirati da una delle zone che presidiavano.
Intanto, uno dei leader delle “camicie rosse”, Veera Musikapong, ha invitato il premier Abhisit Vejjajiva a sciogliere il Parlamento e lasciare il Paese: «Chiediamo che il premier sciolga il Parlamento immediatamente, e non tra 15 giorni come chiedevamo prima, e lasci il Paese».
