Per la prima volta i disordini sociali in Tunisia sono arrivati alle porte della capitale costringendo l’esercito a far sentire la sua presenza in appoggio della polizia. Le forze dell’ordine sono state alle prese con lanci di pietre, incendi, saccheggi e manifestanti esasperati da disoccupazione e povertà al punto che si è registrato un nuovo suicidio di protesta. Sullo sfondo continua la rincorsa sulle cifre tra il governo e le mille voci di chi sta, come protagonista o osservatore, dall’altra parte: una rincorsa che fa quasi dimenticare quello di cui veramente si parla, cioè di morti.
Morti negli scontri degli ultimi giorni tra polizia e manifestanti, scesi in piazza soprattutto nell’area centro occidentale del Paese per chiedere il diritto in primo luogo al lavoro. Proprio stasera il ministro della comunicazione Samir Labidi ha convocato una conferenza stampa per dire che le vittime degli scontri nelle ultime 72 ore in Tunisia sono 21, bollando come ”totalmente falsi” bilanci che parlano di 40 o 50 morti con nuove segnalazioni di blogger anche nelle ultime ore (quattro vittime a Hayy Ezzouhour, non lontano dalla capitale).
Quello di questi giorni è un movimento di protesta senza precedenti negli ultimi decenni, che dal centro del Paese – già teatro di rivolte per il pane come quello del 1984 a Kasserine – che è arrivato alambire anche la ricca costa del nord, con le ultime proteste studentesche di ieri ma anche violenti scontri stasera vicino a Tunisi.
A riferirlo alcuni testimoni, che hanno parlato di duri scontri in un sobborgo operaio a soli 15 chilometri dal centro della capitale, la municipalita’ di Ettadhamoun, dove i dimostranti hanno attaccato edifici saccheggiando negozi e dando fuoco ad una banca, a un posto di polizia, ad un autobus e ad almeno due vetture. Per arginare i disordini, secondo giornalisti e testimoni sul posto, le forze dell’ordine hanno sparato colpi d’arma da fuoco in aria e lanciato lacrimogeni.
La pericolosità della sommossa, con giovani armati di sprange e bottiglie incendiarie, ha spinto le autorita’ a mobilitare l’esercito. Il ministro della comunicazione ha smentito però che le forze dell’ordine abbiano sparato ad alteza d’uomo. Gia’ ieri l’università di Tunisi aveva visto scendere in piazza i suoi studenti.
Soprattutto giovani e diplomati e laureati pagano il costo umano di ciò che ha innescato le prime proteste, la disperazione dei tanti senza lavoro che si sono riconosciuti nel gesto di Mohammed Bouazidi Samir, il giovane ambulante abusivo che si e’ dato fuoco a Sidi Bouzid il 17 dicembre, ed il cui gesto – già imitato da almeno 5-6 persone in diverse località – ha ispirato un altro suicidio, il terzo nella stessa cittadina. L’ultimo a togliersi la vita è stato Allaa Hidouri, 23 anni, laureato e disoccupato: sarebbe morto salendo su un palo dell’elettricità per poi gettarsi sui cavi dell’alta tensione. Il giovane sarebbe anche stato ferito da proiettili durante le dimostrazioni del 24 dicembre a Menzel Bouzaine. Prima di lui si era dato fuoco anche un padre di famiglia, vicino al mercato di Sidi Bouzid. E fra i morti suicidi tra le fiamme va contato anche un giovane liceale di Ariana, che aveva partecipato ad una manifestazione nella sua scuola.
E sempre a Tunisi la polizia ha disperso una manifestazione ”pacifica” nel centro, dove un gruppo di artisti ha cercato di radunarsi davanti al Teatro municipale ”per denunciare la violenza e l’uso eccessivo delle armi nel centro del paese” ha spiegato Fadhel Jaibi, uomo di teatro. Tra i manifestanti anche gli attori Raja Amari e Sana Daoud, che sarebbero stati picchiati dalla polizia.