Dalle proteste e dagli scontri, dai lacrimogeni e dagli spari alle urla di trionfo. ”Abbiamo vinto”, grida la gente stasera in piazza a Tunisi, sfidando un coprifuoco che nessun agente si sogna ormai di applicare.
Il colpo di scena è arrivato alle 20:00 in serata, quando il presidente Ben Ali’ è apparso in televisione per comunicare alla Nazione di aver chiesto alle forze di sicurezza di non usare piu’ le armi da fuoco contro i manifestanti, e di aver ordinato ”la riduzione del prezzo del pane, del latte e dello zucchero”.
Ben Ali ha anche annunciato di non ricandidarsi nelle elezioni del 2014 ed ha promesso la liberta’ di stampa e la fine della censura sui siti internet. Parole che hanno scatenato la festa: migliaia di persone sono scese nella blindatissima Avenue Burghiba, sventolando le bandiere nazionali e addirittura, qualcuno, inneggiando al presidente. Negli ultimi giorni si contavano scontri e morti, le cifre degli oppositori contro quelle ufficiali. Nelle strade la polizia lanciava lacrimogeni e poi anche pallottole vere, gli agenti uccidevano a pochi passi dalla tv di Stato e dal ministero dell’interno, mentre nei palazzi si ragionava sulla possibile fine di un regime che sembrava tanto vicina.
E invece il presidente ha giocato di sorpresa venendo incontro alle richieste della società civile. Certo le sue parole sono al momento solo promesse, ma apparentemente gli hanno fatto riguadagnare in meno di mezz’ora di discorso, faccia seria e intristita di fronte alle telecamere e alla nazione, tutta la popolarità che aveva perso in questi 23 anni di regime da pugno di ferro, di un sistema segnato da disparita’ sociali e di sviluppo e da tanta, troppa corruzione.
”La gente è felice, ci crede”, dice un ragazzo che segue il corteo dei manifestanti, le macchine scese in strada che suonano il clacson. ” E’ vero, tante cose sembra che le abbiamo ottenute. Ora però vedremo cosa succederà veramente”. Non tutti si lasciano ingannare, forse questa manifestazione era stata organizzata, insinua qualcuno, anche se sembra tanto spontanea. Così come è stata certo studiato fino all’ultimo il discorso del presidente, studiato apposta per ottenere proprio queste reazioni. Ma una manciata di minuti in tv può cancellare cosa è accaduto nel Paese in queste ultime settimane, i suicidi con il fuoco a Sidi Bouzid, i morti di Thala e Kasserine, i tanti morti fantasma di cui si parla ogni giorno senza conferme ufficiali – dai 58 contati oggi dalla Lega per i diritti umani ai 29 contabilizzati dal ministro degli Esteri con gli ambasciatori? Si possono dimenticare i saccheggi, le devastazioni, gli assalti della gente – anche oggi tra Gafsa e Nabeul, tra Biserta e Gabes – ai supermercati Carrefour, Casino e altri ancora con nome francese, ma che sarebbero legati – come comunque credono i distruttori – ai vertici del potere? Potere che in Tunisia in larga parte vuol dire, alla famiglia del presidente e soprattutto della moglie, Leila Trabelsi.
“E’ stato un discorso importante e inaspettato che viene incontro alle aspettative della società civile – valuta a caldo il principale leader dell’opposizione tunisina, Najib Chebbi – Il presidente ha toccato il cuore del problema, ovvero la richiesta di riforme”.