BARI – L’olio era venduto come “100% italiano”, ma in realtà era ottenuto mischiando olii provenienti da Paesi extracomunitari (e quindi non soggetti ai rigidi regolamenti Ue sugli olii extravergine) come Siria, Turchia, Marocco e Tunisia. Si tratta di 7.000 tonnellate di olio tutt’altro che Doc che aziende olivicole fra Brindisi e Bari avevano messo sul mercato italiano, giapponese e americano.
Sono sei le persone indagate per frode in commercio e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari. I controlli hanno interessato aziende di Fasano, Grumo Appula e Monopoli e un laboratorio di certificazione. Si tratta di una decina di aziende, per un giro d’affari illecito è stimato in decine di milioni di euro.
L’inchiesta della Dda di Bari è nata a seguito della scarsa raccolta della campagna olivicola 2014-2015, definita annus horribilis per il settore oleario. Secondo i dati Ismea, in quel periodo la produzione di olio da olive si è attestata intorno alle 235mila tonnellate.
L’indagine è partita dal traffico illecito di rifiuti, e in particolare smaltimento di rami d’ulivo affetti da Xylella.
Gli accertamenti del Corpo forestale dello Stato, coordinati dai pm della Procura di Bari Renato Nitti e Marco D’Agostino, sono iniziati nel marzo scorso, quando gli agenti sequestrarono alcune tonnellate di rami infetti provenienti da Squinzano, trasportati da un’azienda di Nardò e consegnati ad una ditta del Gruppo Marseglia di Monopoli per la produzione di energie rinnovabili. La legge vieta infatti lo spostamento di residui vegetali destinati a bio masse al di fuori delle zone ritenute infette da Xylella. “Quei 7 camion di legna infetta – spiega l’avvocato Domenico Di Terlizzi, difensore delle aziende Marseglia – sono stati acquistati in perfetta buona fede, l’azienda non sapeva che fossero rami infetti da Xylella, e dopo quegli episodi, dalla stessa ditta segnalati alla Procura, non è stato più comprato legno di dubbia provenienza”.
Gli investigatori del Nucleo Agroalimentare e Forestale (Naf) di Roma, specializzati nella lotta alle frodi agroalimentari, si sono rivolti all’Istituto di Bioscienze e Biorisorse (Cnr-Ibbr) di Perugia per stabilire l’origine geografica di molte partite di olio extra vergine di oliva etichettato come “100% italiano”. I risultati delle analisi, incrociati con quelli sulla tracciabilità ricavati dai registri informatici, hanno permesso di accertare che migliaia di tonnellate di olio ottenuto mediante la miscelazione di oli presumibilmente extravergini provenienti anche da Paesi extra Unione Europea come Siria, Turchia, Marocco e Tunisia venivano venduti sul mercato nazionale e internazionale (statunitense e giapponese) con la dicitura facoltativa 100% italiano, configurando così una frode in danno al Made in Italy.
Le indagini della Forestale continuano e sono mirate anche ad accertare la effettiva natura dell’olio extracomunitario e la sua genuinità. I controlli sono stati compiuti dal Nucleo Agroalimentare e Forestale (Naf) di Roma, dal Comando Provinciale di Bari e dalla sezione di polizia giudiziaria del Corpo forestale dello Stato della Procura della Repubblica di Bari. Un centinaio i Forestali che sono stati impegnati in perquisizioni, ispezioni e sequestri di lotti di falso olio extravergine di oliva 100% italiano.
La Coldiretti lancia l’allarme: “Con l’invasione storica di olio di oliva tunisino che ha visto aumentare del 734% le importazioni nel 2015 è necessario difendere dalle truffe il Made in Italy che quest’anno può contare su una produzione da record dal punto di vista qualitativo pari a circa 299 mila tonnellate in aumento rispetto ai risultati disastrosi dello scorso anno”.
L’associazione di categoria commenta l’indagine sulle aziende pugliesi sulla base dei dati Istat relativi ai primi 8 mesi. “Di fronte all’aggressione in atto nei confronti di un prodotto simbolo del Made in Italy e della dieta mediterranea, bisogna stringere le maglie della legislazione con l’attuazione completa norme già varate con la legge salva olio, la n.9 del 2013, dai controlli per la valutazione organolettica ai regimi di importazione per verificare la qualità merceologica dei prodotti in entrata”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “è importante cogliere le opportunità che vengono dall’utilizzo delle nuove tecnologiche per combattere le frodi che allontanano i consumatori italiani e sporcano l’immagine del made in Italy sui mercati internazionali”. “La Puglia si conferma crocevia di traffici e triangolazioni illeciti, di frodi commerciali a danno dell’olio extravergine”, rileva infine il presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele.
“Ora che gli strumenti di indagine sono più efficaci, i controlli funzionano e questo è merito della legge salva olio, meglio conosciuta come legge Mongiello”. David Granieri, presidente di Unaprol, plaude all’iniziativa della DDA di Bari e all’operato del nucleo antifrode del Corpo Forestale dello Stato. “Mentre attendiamo lo sviluppo delle indagini in corso – afferma Granieri – ci preme sottolineare che il sequestro effettuato toglie sicuramente dal mercato partite di prodotto non italiano. Se fosse stato immesso in commercio in piena campagna di raccolta avrebbe turbato le contrattazioni del prodotto spingendo al ribasso i prezzi del vero extra vergine di oliva di qualità italiano”.
L’operazione avrebbe creato danno all’economia dei territori di produzione e danneggiato l’immagine del vero prodotto italiano sul quale la filiera ha raggiunto un interessante accordo interprofessionale. Questo accordo prevede che siano valorizzati, con il pagamento di un prezzo maggiore da parte dell’industria seria di questo Paese, gli oli extra vergine di oliva con caratteristiche e parametri qualitativi superiori”. “Questa indagine – conclude Granieri – ci dice che c’è un’attenzione particolare verso il settore, ritenuto strategico per l’economia di questo Paese che, finalmente, incomincia a considerare questo tipo di attacchi al made in Italy un caso di sicurezza nazionale”.