ROMA – Più Linate, meno Malpensa, treni ad alta velocità per Fiumicino, meno voli “low cost” e nazionali, più voli intercontinentali: così cambierebbero gli aeroporti italiani se si facesse l’accordo fra Alitalia ed Etihad, la compagnia degli Emirati Arabi.
Lo spiega Luigi Grassia su La Stampa, partendo da Malpensa, che è lo scalo che dovrebbe uscire peggio dall’accordo fra italiani e arabi. Anche se in declino, lo scalo a 45 km da Milano tutt’ora è un punto di riferimento per gli italiani residenti al nord che vogliano prendere un volo internazionale “a lungo raggio”. Bene, dovranno scavallare le Alpi, dove ci sono gli hub di Air France e Lufthansa, o scendere fino a Fiumicino. Malpensa, nei piani di Etihad, non sbaracca ma smette di essere un hub internazionale. Spiega a Grassia Antonio Bordoni, analista per compagnie aeree e aeroporti, il quale dice che “il futuro è già scritto nel presente”:
«Etihad chiede di liberalizzare Linate? Ma più liberalizzata di così! Da sempre Linate ha impedito a Malpensa di fare massa critica e di crescere come hub. Finché la Sea non avrà il coraggio di togliere ai milanesi la comodità del city airport di Linate, Milano non avrà mai un hub». Del resto, insiste Bordoni, non solo Linate ma troppi altri aeroporti del Nord Italia sottraggono clienti a Malpensa offrendo voli a lungo raggio, come ad esempio Venezia dove Alitalia ha appena inaugurato un volo diretto per Tokyo. Ma Linate, Venezia o altri scali non possono diventare a loro volta degli hub al posto di Malpensa? «Impossibile – ribatte Bordoni – non hanno spazio per le piste». Perciò: dal Nord Italia si decolla (e si decollerà) «verso Francoforte o Parigi o Amsterdam, che hanno voli giornalieri verso le destinazioni intercontinentali. E solo in qualche caso si andrà verso Fiumicino, che ne ha pochi».
Diversa la sorte di Fiumicino, come spiega a Grassia Gregory Alegi, anche lui analista e docente di gestione delle compagnie aeree alla Luiss. Lo scalo romano potrebbe essere il trampolino di lancio per l’Occidente, facendo “sistema” con Abu Dhabi, che gestirà i voli verso Oriente:
«Etihad progetta di fare di Fiumicino un secondo hub. Roma e Abu Dhabi sono abbastanza distanti da non intralciarsi a vicenda, invece come avrebbero fatto Roma e Parigi nell’alleanza con Air France, ma sono anche abbastanza vicine da fare sistema. Etihad vuole sfruttare la possibilità dei voli diretti fra Roma e gli Stati Uniti offerta dall’accordo Open Skyes fra Ue e Europa. Avremo da Fiumicino molti voli intercontinentali Alitalia da e per l’America, mentre Abu Dhabi sarà l’hub del gruppo in direzione Est con voli Etihad». Alegi non esclude nemmeno che in futuro il gruppo integrato Alitalia/Etihad inauguri un buon numero di rotte intercontinentali da Malpensa. «Però non subito, in un secondo tempo. All’inizio la priorità saranno i tagli delle rotte nazionali».
Quanto alle compagnie low cost, Etihad vuole che siano eliminati quei vantaggi economici che hanno permesso alle varie Ryanair, EasyJet, Blu-Express, Volotea, Vueling, Air One e Meridiana di attecchire soprattutto nei piccoli e medi aeroporti. Secondo l’analista Alegi il futuro per chi parte o arriva in Italia non è low cost, ma non perché ce lo chiedono gli arabi:
«Dubito che il governo possa vietare agli enti locali di finanziare le low cost. Semmai a impedirlo sarà la crisi dei bilanci pubblici».
Da una parte ci sarà Alitalia-Etihad a complicare la vita alle low cost negli aeroporti dove fa base (Roma-Fiumicino, Milano-Linate, Milano-Malpensa, Venezia, Napoli, Catania e Torino). Dall’altra negli altri scali la spending review renderà più difficile agli enti locali la proroga degli incentivi. Il risultato sarebbe pessimo per gli italiani che vogliono (anche perché altrimenti non possono) volare a poco prezzo.
Più voli internazionali, meno low cost e meno voli nazionali. Questo il futuro se Alitalia concluderà l’accordo con Etihad. E un treno ad alta velocità per Fiumicino, fondamentale secondo Alegi:
«La ferrovia veloce per Fiumicino si deve fare. Al de Gaulle di Parigi si arriva con l’alta velocità. Questo perché la Francia funziona come sistema. Anche l’Italia deve imparare a farlo, e non solo per la comodità dei viaggiatori».