2. Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al lì risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità , stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fallo dal giorno del licenziamento sino a quello dell ‘effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è altresì condannato, per il medesimo perìodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un imporlo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall’illegittimo licenziamento e quella accreditata in conseguenza della percezione da parte del lavoratore del trattamento di disoccupazione comunque denominalo o dello svolgimento dì altre attività lavorative. In quest’ultimo caso, qualora ì relativi contributi offeriscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività lavorativa del dipendente licenziato.
3. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al prestatore dì lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto dì lavoro, un ‘indennità pari a dodici mensilità dell ‘ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La predetta indennità , al pari del risarcimento mìnimo dì cinque mensilità di cui al secondo comma, non spetta in caso dì revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine dì trenta giorni dalla comunicazione del medesimo, fatto salvo il diritto del lavoratore alla retribuzione maturata, nel periodo precedente alla revoca.
4. Qualora il lavoratore, entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, né abbia richiesto, entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, il pagamento dell ‘indennità di cui al terzo comma, il rapporto di lavoro sì intende risolto allo spirare dei termini predetti.
