BASILEA – La fiammata dell’inflazione colpisce, seppure per cause diverse, l’Europa e i paesi emergenti e spinge la Bce verso la strada del rialzo dei tassi mentre le nuove regole sulla finanza continuano a incontrare serie resistenze. E la situazione libica aggiunge una pericolosa e ancora sconosciuta variabile che potrebbe scombinare l’equazione della ripresa mondiale, la quale resta oltretutto a due velocità.
A due settimane dal G20 di Parigi i principali banchieri centrali del mondo tornano a riunirsi alla Bri, la Banca dei Regolamenti Internazionali a Basilea. Lontani dai riflettori mediatici della capitale francese, dove aveva tenuto banco la ‘resistenza’ cinese sul cambio e il monitoraggio degli squilibri globali, i governatori riuniti nel Global Economy Meeting presieduto dal presidente della Bce Jean Claude Trichet, sono impegnati fra oggi e domani, 6 e 7 marzo, in una serie di riunioni per fare il punto sulle situazioni più a rischio.
La crisi nordafricana e in particolare il conflitto che in Libia assume di ora in ora sempre più i contorni di una guerra civile infatti sta dando il via a una serie di forti movimenti speculativi sul prezzo del petrolio, accrescendo quel movimento al rialzo delle materie prime che si innesta su un preesistente aumento dell’inflazione in Eurolandia. Un quadro che spinge la Bce a prospettare un rialzo dei tassi ad aprile dopo un lungo periodo di tassi ai minimi.
La prospettiva scontenta consumatori e i paesi più deboli dell’Eurozona come l’Irlanda, la Grecia o la Spagna i cui andamenti del Pil sono ben lontani dalla forte crescita tedesca e che avrebbero tutto da perdere dalla decisione di Francoforte.
Il rialzo è però anche una boccata d’ossigeno per quei sistemi bancari (come quello italiano o quello francese) di tipo tradizionale che sul retail e i prestiti alle imprese compongono i bilanci e che sono stati fino a ora danneggiati dai tassi ai minimi. Sistemi che, come ha denunciato il ‘padre’ del nuovo sistema di controlli europei Jacques de Larosiere, rischiano di essere puniti dalla nuove regole di Basilea3 pur essendo stati i più virtuosi.
Ma su Basilea3, che pure è stata approvata la scorsa estate con molte concessioni, le banche, specie le big, continuano a lanciare ‘grida di dolore’. Ancora ieri, 5 marzo, l’ad di Deutsche Bank Ackermann ha paventato i danni per la ripresa criticando apertamente anche lo sforzo dell’Fsb di Mario Draghi e del G20 di voler imporre capitali aggiuntivi alle banche ‘sistemiche’ troppo grandi per fallire. Un tema su cui i due organismi internazionali hanno scatenato una forte pressione consci che i contribuenti non potrebbero tollerare una nuova ondata di salvataggi con il denaro pubblico.
Il numero uno della Bank of England Mervyn King, forte dei rafforzati poteri ricevuti dal governo conservatore, ha da parte sua attaccato a testa bassa sulla stampa i banchieri accusandoli di essere tornati ai ‘vecchi sistemi’ che hanno già portato alla quasi rovina il settore e il bilancio statale britannico. E anche in Brasile l’ex governatore Fraga lancia l’allarme su un possibile rischio ‘subprime’ per l’economia carioca, da molti additata come esempio modello di crescita degli ultimi anni.
Le banche centrali e le autorità di vigilanza, oltre ai governi e le forze politiche, invocano quindi più regole che però, come ha riconosciuto di recente anche lo stesso Draghi, corrono il rischio di accrescere il sistema bancario ‘ombra’ fuori di ogni controllo e in grado di assicurare ricchi rendimenti.
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