Nulla però è in grado di sgretolare le certezze tedesche (“Non tutti i tedeschi credono in Dio, ma tutti credono nella Bundesbank”). E non è nemmeno per l’incubo di Weimar, almeno non solo per quello: bisogna guardare piuttosto alla fermezza e al rigore della Bundesbank nel dopoguerra e che ha consentito alla Germania del marco stabile il suo primato assoluto economico in Europa. Solo una volta e per pochissimo la Bundesbank ha stampato più moneta, per contrastare a crisi del ’75. Draghi all’inizio del 2012, mentre la crisi si acuisce, prende tempo, non partecipa al dibattito, lancia un programma di sostegno alle banche con prestiti a costo zero.
I mercati si calmano per un po’, Weidmann pensa di aver vinto la partita. La situazione ci mette poco a tornare drammatica. Draghi, in silenzio, senza proclami, rivede il suo pensiero. Il circolo vizioso innalza i rendimenti dei bond a livelli insostenibili, le piccole imprese sono strangolate dal credito. La Grecia è più fuori che dentro l’euro. Draghi inizia a pensare a un piano B: acquisto di bond illimitato, condizioni terribili per chi chiede aiuto. Il francese Coeuré e il tedesco Asmussen sono suoi alleati nel board Bce. A fine giugno si lavora in gran segreto al piano. Prima di lanciarlo Draghi deve premunirs, si aspetta il tiro incrociato dei media tedeschi. Sono mesi che lavora ai fianchi Angela Merkel e il suo ministro delle Finanze Schauble: erano scettici, sono diventati possibilisti, soprattutto quando capiscono che l’euro è in coma, ha bisogno del defibrillatore che solo l’intervento massiccio della Bce può procurare.
Il 26 luglio l’annuncio. Il 27 i giornali tedeschi sparano a zero sul tradimento di Draghi. Ma Schauble, in vacanza su un’isola del Mare del Nord rifiuta i consigli dei funzionari del ministero e difende la scelta. Hollande è coinvolto nella partita: l’asse franco-tedesco appoggia Draghi. Merkel è d’accordo ma evita dichiarazioni (è già un successo). All’ora di pranzo del giorno dopo si è consumato il clamoroso strappo fra Berlino e Francoforte, tra governo e Bundesbank. Il 1 agosto Weidmann reclama rispetto, la voce di Bundesbank alla Bce deve pesare quanto vale. La sera, al quartier generale della Bce mancano da definire le condizioni subordinate alla richiesta di aiuto e acquisto dei bond. Il giorno dopo l’accordo c’è ma non l’unanimità: è un altro valore sacrificato sull’altare della crisi. L’ha preteso Weidmann di dichiarare ufficialmente la sua contrarietà, Draghi si ferma a riconoscere le sue riserve. Un tabù è infranto: mai alla Bce sono stati resi pubblici i nomi dei contrari.
“Bundesbank si ribella” titola Der Spiegel, che in seguito definirà illegali gli acquisti Bce. La stampa tedesca è scatenata, Weidmann non molla (“acquistare bond è come dare droga ai tossicodipendenti”), ma Merkel riconosce che la Bce opera secondo il suo mandato. “L’acquisto è tale e quale a stampare moneta” insiste Weidmann, sconfitto ma non rassegnato. Schauble lo accusa di minare la fiducia nella Bce e gli intima di farla finita. A Weidmann viene in soccorso, come succede ai grandi perdenti, l’estro della grande poesia, il Faust di Goethe. Cita un passo, quello dove Mefistofele tenta l’Imperatore, consigliandogli di stampare moneta. “I mercati, comunque, hanno ascoltato Draghi”, conclude il Wall Street Journal.
