ROMA – Rientro capitali esteri: stop al penale, ma paghi tutto. Punito l’autoriciclaggio. Il Governo si appresta a dare attuazione al piano per il rientro dei capitali in Italia. La bozza del piano non prevede aliquote agevolate per chi aderisce alla “collaborazione volontaria” (volontary disclosure): tuttavia, per rendere appetibile, diciamo così, la volontà di dichiarare al Fisco quanto detenuto all’estero, serve togliere di mezzo il rischio di incorrere in sanzioni penali, che resterebbero solo per i crimini fiscali più gravi.
Il paradosso è che i capitali italiani all’estero non dichiarati risultano una quantità record. Superiore, secondo le stime più diffuse e generalmente condivise, a quota 200 miliardi di euro. Ma, al tempo stesso, l’Italia rischia una procedura d’infrazione dell’Unione europea per le sanzioni eccessive previste in materia di beni all’estero non dichiarati. Insomma, come spesso accade, le leggi sono draconiane mentre il mondo reale va in direzione opposta. Ora il tentativo è di rimediare. E per fine anno, con ogni probabilità tramite un collegato alla legge di stabilità, è atteso il provvedimento che dovrebbe rendere praticabile la cosiddetta voluntary disclosure, cioè l’autodenuncia dei capitali posseduti oltre frontiera. Nei mesi scorsi è stata aperta una finestra permanente attraverso la quale far rientrare i capitali all’estero non dichiarati.
Il contribuente pentito paga fino all’ultimo euro le tasse dovute, ma ottiene l’attenuazione, anche molto sensibile, delle sanzioni amministrative, che sono previste avendo cura di calibrare gli importi per tenere conto del comportamento collaborativo di chi riporta alla luce del sole i capitali sommersi. Ma questo non basta a favorire le ammissioni di colpa, perché resta il timore di sanzioni penali. Per questo il provvedimento in arrivo dovrebbe stabilire con chiarezza che tale preoccupazione è infondata. Nel merito, proprio in questi giorni, vengono dati gli ultimi ritocchi alla proposta che verrà consegnata al governo. Se ne sta occupando, sia pure in via informale, la commissione Greco, incaricata dal governo Monti di contribuire alla formulazione di norme adeguate.
Il gruppo di lavoro è guidato dal procuratore aggiunto del Tribunale di Milano, Francesco Greco, e ora si sta riunendo, come precisa uno dei partecipanti “per spirito di servizio e su basi volontarie”, perché ufficialmente la commissione ha terminato i lavori nell’aprile scorso. L’intenzione, in realtà, è di consegnare non una ma due proposte di provvedimenti. La prima, come previsto, è quella per superare gli ostacoli che rendono inutilizzata la voluntary disclosure. L’altra, che il gruppo di lavoro sta preparando e che una volta presentata il governo dovrà decidere se fare propria, prevede una nuova figura di reato: l’autoriciclaggio. In pratica il risparmiatore che ha esportato o esporta capitali diventerà responsabile del reato di riciclaggio. E questo nella logica di dare una spinta significativa a chi detiene capitali all’estero e che, se non coglie l’opportunità dell’autodenuncia volontaria, nel caso venga scoperto rischierà d’incorrere in un reato penale davvero grave.
“Le due proposte ormai sono sostanzialmente pronte”, conferma un esponente della commissione, “e speriamo che sia la volta buona.” Finora l’autodenuncia volontaria non ha funzionato perché sono state ridotte le sanzioni economiche, ma resta irrisolto il problema delle responsabilità penali. “L’interesse è notevole”, dice l’avvocato Fabrizio Vedana, vice direttore generale dell’Unione fiduciaria, partecipata da una trentina di banche italiane. “Tutto però resta bloccato perché prima di autodenunciarsi i possessori di capitali all’estero vogliono la certezza di non subire processi penali.” Non è sufficiente, insomma, l’orientamento a non procedere in tal senso di singole Procure della Repubblica, neppure quando sono autorevoli come quella di Milano.
Nelle settimane scorse Vedana ha verificato sul posto, in varie tappe di una sorta di road show tenute all’estero, che banchieri e avvocati restano in attesa, consigliando ai loro clienti di aspettare uno scenario più garantista prima di procedere al rientro di capitali. Domani Vedana è atteso a Lugano, in Svizzera, mentre giovedì 5 dicembre sarà in Lussemburgo. Proprio i due Paesi che ospitano la maggior parte dei capitali italiani in fuga. Il ruolo delle fiduciarie è cruciale perché fanno da cinghia di trasmissione tra i proprietari dei capitali all’estero e lo Stato italiano. Il loro ruolo è gestire in qualità di sostituti d’imposta la fiscalità delle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di autodenuncia. Una scelta che è diversa dal condono perché il contribuente paga le tasse evase senza sconti forfaittari e che è totalmente diversa dallo scudo fiscale perché il contribuente perde l’anonimato.