Il governatore della banca centrale dell’Irlanda, Patrick Honohan, stima in ”decine di miliardi” di euro il prestito che l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale potrebbero accordare a Dublino. Honohan – in una intervista rilasciata all’emittente tv Rte e citata dall’agenzia Bloomberg – ha anche precisato che il tasso di interesse dovrebbe aggirarsi attorno al 5%, un livello in linea con quanto solitamente richiesto dal Fmi.
Oggi inizia la missione a Dublino dei tecnici della Ue, Bce e Fmi per esaminare la situazione delle istituzioni finanziarie del Paese e avviare il negoziato su un eventuale piano di aiuti. Intanto il rischio default per il Paese continua, dopo la proposta di ieri della cancelliera tedesca Angela Merkel di far pagare agli investitori privati parte dei costi dei futuri salvataggi.
Secondo il Wall Street Journal sarebbero due le ipotesi per il salvataggio. La prima prevede due piani di salvataggio, uno da 80-100 miliardi per risanare le finanze pubbliche e un altro da 45 miliardi per il sistema bancario. La seconda ipotesi prevede aiuti solo per le banche, grazie anche al Fondo monetario internazionale, alla Banca centrale europea, alla Gran Bretagna e all’Unione europea.
Ma Dublino continua a rifiutare gli aiuti. Il ministro belga alle Finanze e presidente dei lavori del consiglio Ecofin Idier Reynders ha dichiarato che il sostegno europeo all’Irlanda è inevitabile, ma che sarà “condizionato” ad alcune richieste allo scopo di “migliorare la situazione di bilancio” del Paese. Sulla stessa linea anche il ministro dell’Economia Giulio Tremonti e il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso, che chiedono un intervento “al più presto”.
Da ultimo anche la Gran Bretagna ha iniziato a preoccuparsi del suo vicino. Del resto le sue banche sono le più esposte al debito irlandese.
Non ha poi mancato di far sentire la propria voce la Germania, con la cancelliera Angela Merkel che, subito prima del G20 di Seul, aveva detto che il risanamento dei debiti pubblici sovrani dev’essere pagato anche dagli investitori privati. Una posizione che porta, nel tempo, all’aumento degli interessi a favore dei creditori, tra i quali ci sono anche le banche tedesche.
I dubbi dell’Austria che fanno male all’euro. Ieri l’Austria ha messo in dubbio il proprio aiuto alla Grecia: per il ministro delle Finanze Josef Pröll “Se i dati di bilancio sono quelli attuali, non esistono le basi per garantire il nostro contributo al piano di salvataggio”, ha detto con riferimento alle previsioni rilasciate da Atene il giorno precedente, che indicano per il 2010 un deficit pari al 9,4% del Pil rispetto al 7,8% pattuito lo scorso maggio al momento di ottenere gli aiuti. Benché l’apporto di Vienna al piano salva Grecia non sia ponderoso (190 milioni di euro sui complessivi 9 miliardi), il mercato teme che l’esempio possa essere seguito da altri partner europei e si preoccupa dello scollamento fra i Paesi Ue.
Poco dopo è arrivata una parziale smentita, che però non è riuscita a placare i mercati. La pressione si è scaricata soprattutto sull’euro, che ieri ha segnato un nuovo minimo da fine settembre nei confronti del dollaro scendendo fino a quota 1,3446. Il biglietto verde ha guadagnato invece l’1% se rapportato al paniere delle altre principali monete mondiali.E se è vero che in qeusti momenti di incertezza il dollaro riveste il ruolo di bene rifugio, alla base del movimento ci sono anche i crescenti dubbi del mercato sulle misure straordinarie varate due settimane dalla Federal Reserve. Proprio ieri il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, ha messo in forse il piano di acquisto di titoli di Stato americani da 600 milioni.