Portare la Cgil ad un tavolo su Pomigliano per ottenere la garanzia che non ci saranno iniziative, da parte della Fiom, che potrebbero vanificare lo sforzo della Fiat ad investire sullo stabilimento campano. E, in cambio, garantire i lavoratori che non hanno sottoscritto l’accordo con un protocollo aggiuntivo che espliciti meglio le parti più controverse dell’intesa, quelle contestate dalla Fiom su diritti e sciopero.
Non solo, come contropartita la Fiat potrebbe impegnarsi in modo definitivo sul progetto Panda, chiarendo in modo esplicito che i ‘progetti futuri’ dell’azienda sullo stabilimento Giambattista Vico saranno effettivamente quelli che presuppongono un investimento da 700 milioni per lo spostamento della produzione della vettura dalla Polonia all’Italia.
E’ la strada che potrebbe essere seguita nei prossimi giorni per garantire il futuro di Pomigliano e che potrebbe essere favorita dal governo se le parti ne chiedessero un intervento. Con un ruolo del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che sarebbe in ogni caso sussidiario a quello delle controparti. Un primo segnale in questo senso potrebbe arrivare gia’ nei prossimi giorni, dopo l’incontro che il Lingotto dovrebbe avere con le rappresentanze sindacali dello stabilimento polacco di Tichy.
Come i lavoratori campani, infatti, anche quelli polacchi si interrogano sulle reali intenzioni della Fiat di trasferire la produzione della Panda in Italia. Un fatto, questo, su cui insiste la Uil: il segretario generale, Luigi Angeletti, dice infatti di non vedere ragioni per un ripensamento in tal senso.
 ”L’accordo fatto con la Fiat per noi deve essere applicato e io credo nella buona fede di Marchionne. Non ho alcun dubbio su questo e non vedo possibilita’ che l’ad di Fiat cambi opinione” afferma il leader della Uil che non si dice tuttavia contrario ad un eventuale intervento del governo. ”Se negli incontri l’azienda dovesse discutere di chiamare in causa il governo, anche se non ne capisco le ragioni, dico che noi non siamo contrari. Ma il punto fondamentale è un altro: l’azienda deve fare un piano ambizioso di investimenti ed avere la percezione del grado di redditività di questi. E noi abbiamo negoziato le condizioni affinché questi investimenti possano essere remunerativi” sostiene Angeletti che non vede rischi di ‘boicottaggio’ e che chiede invece al governo di detassare, come il salario produttivo, le indennità di turno.
Piu’ preoccupato è invece apparso in questi giorni il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni che, nelle sue dichiarazioni più recenti, ha smorzato la sua fiducia sulle intenzioni del Lingotto chiedendo che quando ci sarà un incontro con l’azienda sia presente lo stesso Marchionne. Bonanni appare inoltre più disponibile ad un rientro nella partita della Cgil: ”La Cisl è sempre obbligata ad avere cautele e a tentare di ricucire” ha detto ieri Bonanni, precisando di essere favorevole a chiarire tutte quelle parti dell’accordo che hanno provocato il no della Fiom. In questo senso rientrerebbe quindi il possibile ruolo della Cgil chiamata, come in occasione del Lodo Alitalia, a giocare un ruolo di mediazione con l’organizzazione di categoria.
In questo modo nessuna delle parti al tavolo sarebbe costretta a fare marcia indietro: l’accordo sarebbe salvo, le parti firmatarie non sarebbero sconfessate, ci sarebbe soltanto un ‘addendum’ per chiarire meglio, così’ come hanno sempre sostenuto Fim, Uilm, Ugl e Fismic, che non ci saranno deroghe a diritti fondamentali come quelli sullo sciopero. ”La Cgil è un grande sindacato, non può rimanere a guardare” è l’appello che arriva anche dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia.