Bonanni: Marchionne fermi le bocce. ”La Fiat deve fare chiarezza su tutto il progetto ‘Fabbrica Italia’. Per questo all’ammInistratore delegato, Marchionne diciamo: fermi le bocce, faccia luce sugli investimenti dell’azienda ed avvii una discussione aperta col sindacato, per tutti gli stabilimenti del Lingotto”. Lo afferma il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, il quale invita anche ”qualche pezzo del movimento sindacale a smetterla con i polveroni che servono solo a produrre incertezze tra i lavoratori”.
”Occorre che la Fiat precisi il numero ed i nuovi modelli delle autovetture che intende produrre negli stabilimenti in Italia. Non aiutano in questo momento la confusione e le polemiche. Bisogna evitare di alimentare su questa delicata vicenda sindacale le strumentalizzazioni politiche che rischiano di scaricarsi sulla pelle dei lavoratori”, conclude il sindacalista.
Operai a Pomigliano: Fiat in Serbia? Non è colpa nostra. Pomigliano d’Arco non c’entra con l’annunciata produzione della nuova monovolume in Serbia anziche’ a Mirafiori: gli operai del Giambattista Vico non ci stanno ad essere ”additati quali colpevoli delle decisioni dell’amministratore delegato della Fiat”. E’ questa la prima reazione dei lavoratori dello stabilimento automobilistico di Pomigliano d’Arco, che hanno palesato ”delusione ed amarezza” per l’ennesima tirata in ballo del Giambattista Vico nelle decisioni dell’azienda che, dicono, ”sono tutte da addebitare alla dirigenza”.
”Marchionne non può trasformarci in capro espiatorio – spiega Giuseppe, da 20 anni nello stabilimento, che oggi, insieme con i suoi colleghi ha varcato i cancelli per il terzo ed ultimo giorno di produzione – non e’ colpa nostra se la nuova monovolume non sara’ prodotta a Mirafiori”. I volti degli operai lasciano trapelare un po’ di rabbia, delusione, sconforto, ma soprattutto tanta preoccupazione: ”Ancora una volta – afferma Antonio, un altro operaio di 34 anni – Marchionne minaccia di trasferire la produzione altrove. Decida, non puo’ lasciarci sulle spine. Viviamo ogni giorno nell’incertezza e sperando che l’accordo si attui davvero”. Disappunto e’ stato espresso anche da Maurizio Mascoli, segretario generale Fiom Campania: ”la strategia della Fiat e’ quella di contrapporre gli stabilimenti, gli operai e gli stessi Paesi, in una logica da multinazionale che non ha nulla a che vedere con l’appartenenza originaria alla Fiat italiana”.
”La decisione dell’investimento in Serbia – ha aggiunto – conferma il fatto che a differenza di quanto sostenuto da piu’ parti, compreso il ministro Sacconi, non e’ vero che l’azienda riporta in Italia le produzioni. Ma credo che su Pomigliano l’azienda non possa tornare indietro”. Vittorio Granillo, del coordinamento nazionale Slai Cobas, invece, sostiene che l’Ad ”sta offendendo il buon senso di tutti: non puo’ affermare che per ‘colpa’ di Pomigliano sposta una produzione all’estero. Marchionne ha gia’ cominciato a delocalizzare tutta la produzione italiana, con l’appoggio di buona parte della politica e degli altri sindacati”.
Un po’ di ”delusione e meraviglia”, invece, l’ha esternata Felice Mercogliano, segretario regionale Fismic Campania: ”E’ necessario – ha detto – un incontro urgente, prima delle ferie, per discutere dei tempi di attuazione dell’investimento a Pomigliano. Sappiamo che Marchionne vuole blindare l’accordo, e ci aspettiamo anche la costituzione di una NewCo. Ma siamo convinti che pochi dei 1850 ‘no’ degli operai al referendum, possano essere riconfermati”. Positivo, invece, il commento di Giovanni Sgambati, segretario generale della Uilm campana, il quale afferma che ”per essere messo in sicurezza, il progetto Fabbrica Italia deve partire da Pomigliano. Se la Fiat garantisce gli organici, il reddito ed il miglioramento delle norme attuali, che non vanno cancellate, siamo sulla strada giusta per ottenere risposte positive”.
”Sono preoccupato – ha affermato, invece, Giuseppe Terracciano, segretario generale della Fim di Napoli – per l’atteggiamento di alcune organizzazioni sindacali che continuano ad affilare le armi. Bisogna ricompattare i rapporti sindacali se non vogliamo correre rischi di delocalizzazioni, e confrontarci con il piu’ grande gruppo italiano, ormai divenuto mondiale. La Fiom difenda l’apparato industriale, non con gli scioperi, ma con gli accordi”.