Sono tutti impegnati ad impedirlo, quindi è purtroppo sicuro che il prezzo di pane e pasta aumenterà. Roberto Sambuco, alias “Mr Prezzi”, come viene affettuosamente chiamata l’autorità di vigilanza ha fatto sapere di essere pronto a rivolgersi all’Antitrust. Il Codacons è pronto a rivolgersi alle Procure. L’Unione Consumatori è mobilitata. La Coldiretti spiega che, misurando niente meno che il mille per cento la differenza tra il costo alla produzione del grano e il prezzo di vendita al consumatore di pane e pasta, “spazio” per nuovi aumenti non ce n’è. Il ministro Galan dice che “al momento” non si vede speculazione sui prezzi e che comunque “vigilerà”. Luca Vecchiato, presidente della Fippa, così si chiama l’associazione nazionale panificatori, mette in guardia contro la “ripetizione degli errori del 2007/2008, quando scattò la bolla speculativa”. Giura che “aumenti eccessivi nel prezzo non ci saranno, i panificatori non vogliono che la signora Marta compri meno pane perchè aumenta il prezzo”.
La risultante di tutti questi “tuoni” è che pioverà: la “Signora Marta”, anche se nulla sa di bolle speculative e filiere può annusare l’aria che tira: pagnotte, rosette, michette, ciriole, spaghetti, rigatoni e penne aumenteranno. La certezza purtroppo viene proprio dall’ampiezza dell’allarme e dal corale diniego: e un “al lupo, al lupo” che prepara e non scongiura. L’occasione, il pretesto, la causa, l’avvio del meccanismo che accende l’aumento del prezzo è già sulla tavola dell’economia mondiale. L’ultimo giro di manovella all’avvio del motore è la decisione della Russia di bloccare le sue esportazioni di grano. Dal 15 agosto al 31 dicembre saranno bloccate anche le esportazioni russe di mais, orzo, segale e derivati. Minacciati dalla siccità, erosi dagli incendi, i raccolti in Russia saranno inferiori di molto a quanto previsto. Gli Stai Uniti sono al riparo: hanno grandi scorte. Non così altri paesi come India ed Egitto dove si temono addirittura disordini di piazza per la carenza di grano.
L’Italia? Dipende fortemente dall’estero per l’approvvigionamento dei cereali. Ma non è questo il vero problema. Il problema è che l’Italia è terreno particolarmente “fertile” per gli aumenti dei prezzi al consumo. La “filiera” dal produttore, importatore e cento altri passaggi fino a che i cereali diventano prodotto alimentare da consumare è lunghissima. Ed ogni sua stazione è abituata ad esigere “pedaggio” quando il mercato internazionale delle materie prime si anima e si innervosisce. Quindi, se giovedì 5 agosto a Chigaco le quotazioni del grano sono passate da 6,5 dollari e 8,6 per “bushel”, l’unità di misura, si può star certi che dollari e bushel si tradurrano in euro. Poche decine di centesimi in più per ogni acquisto in panetteria, pasticceria, supermercato. Poche decine di centesimi moltiplicati per ogni giorno dell’anno per ogni famiglia. No, la “grande filiera” non perderà l’occasione. I prezzi aumenteranno e il trambusto attuale, l’allarme accorato è solo il disporsi dei vari pezzi della filiera per scaricare sull’altro pezzo la responsabilità della “speculazione”.
