In tutto il mondo copiano i prodotti alimentari italiani ma negli Stati Uniti e in Canada le imitazioni sono più diffuse che altrove, tanto che si accaparrano il 40% dei 60 miliardi di fatturato che viene dal falso made in Italy a tavola. I dati giungono da Federalimentare in occasione del convegno su “Fattore export, tradizione, qualità e internazionalizzazione” organizzato in apertura del salone dell’alimentazione ‘Cibus’.
Se in genere – secondo lo studio di Federalimentare – nei supermarket di tutto il mondo per un prodotto autentico italiano ce ne sono tre contraffatti, questo rapporto sul mercato nordamericano diventa di 1 a 8. Usa e Canada sviluppano infatti complessivamente 24 miliardi di euro di fatturato ‘Italian sounding’ a fronte di un export dei prodotti alimentari autentici pari a circa 3 miliardi di euro. In Europa invece il business dell’imitazione tocca complessivamente i 26 miliardi di euro contro un export che vale circa 13 miliardi di euro (quindi per ogni prodotto autentico ne esistono circa 2 taroccati).
Infine negli altri Paesi l’Italian sounding vale 10 miliardi di euro, contro un export dei prodotti made in Italy che vale 4 miliardi di euro (per ogni prodotto alimentare autentico ce ne sono 2,5 falsi). I prodotti più copiati in Usa e Canada sono senza dubbio i formaggi: solo il 15% è autentico. In particolare sono imitati il 97% di mozzarelle e provoloni, il 96% del parmigiano reggiano grattugiato e il 95% delle ricotte.
Profumo di bruciato anche per i sughi della pasta, falsi nel 97% dei casi. Ai consumatori Usa – sottolinea Federalimentare – vengono proposti con accattivanti nomi ispirati a personaggi italici famosi in tutto il mondo, sia del passato (il sugo ‘Da Vinci’) che del presente (‘Gattusò). ‘Contadina’ o ‘Duomo’ sono invece intitolati i falsi (8 volte su dieci) pomodori in scatola. Largamente imitate (94% dei casi) anche le conserve sott’olio o sott’aceto. Va un po’ meglio agli oli d’oliva (solo una quota dell’11% di imitazioni) e alla pasta (28% di falsi).