Ventuno giorni dopo l’accordo per il futuro di Mirafiori (firmato da Fismic, Fim, Uilm, Ugl e Associazione Quadri, ma non dalla Fiom), 5.431 addetti delle Carrozzerie sono chiamati a esprimere il loro parere nel referendum in fabbrica. Sono in gioco investimenti per un miliardo di euro, la creazione della nuova società, la newco tra Fiat e Chrsyler che prevede la produzione di Suv di lusso che, a regime, dovrebbe raggiungere i 250-280 mila veicoli all’anno.
In un clima di forti tensioni e di estrema attenzione da parte di tutto il Paese, nelle Carrozzerie di Mirafiori dalle 22 sono aperte le urne all’inizio dell’ultimo turno nel quale sono impegnati 180 lavoratori; domani 14 gennaio toccherà a tutti gli altri operai; alle 19.30 si chiuderanno i seggi, nella tarda serata arriveranno i risultati.
In tanti sono pronti a vigilare le urne anche di notte. Il quesito referendario è molto semplice: ”Approvi l’ipotesi di accordo del 23 dicembre?”. In realtà, dietro quella semplice frase si nascondono tutti i punti dell’intesa, dai 18 turni di lavoro alle pause, dagli straordinari alla rappresentanza sindacale, dalla mensa ai provvedimenti in caso di assenza dal lavoro che in questi giorni sono stati oggetto di accesissime discussioni. Che per alcuni sono ”il nuovo sistema di relazioni industriali” in linea con i tempi; per altri ”il peggioramento delle condizioni di lavoro”.
Chiara è la percezione che in gioco non c’è solo il futuro di uno stabilimento, la tradizione di una città come Torino che ha legato il suo nome all’automobile, ma il modo stesso di concepire produzione e lavoro e il valore da dar loro. Non a caso, persino il vescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha organizzato un incontro di preghiera (per sabato), al quale ha invitato tutta la città. Attesa anche per i vertici della Fiat: il presidente John Elkann e l’ad Sergio Marchionne sono rientrati da Detroit per essere al Lingotto, vicino agli operai, ad aspettare i risultati del referendum.
La giornata del 13 è stata quella degli ultimi appelli al voto. Sono intervenuti sindacalisti ed esponenti politici; si sono tenute le assemblee del fronte del si’ (andata quasi deserta in un salone parrocchiale vicino alla fabbrica) e di quello del no’, nelle salette sindacali in fabbrica dove ”i lavoratori – dice Maurizio Landini, segretario generale della Fiom – hanno espresso preoccupazione e paura. Noi – ha confermato – non firmeremo mai questo accordo, non metteremo mai una firma tecnica”, rifiutando il rischio che la Fiom resti fuori da Mirafiori perché questa ”è una scelta che spetta ai lavoratori, non ad altri”. Ai cancelli di Mirafiori è arrivato un gruppo di lavoratori di Pomigliano, dove il sì all’accordo è già passato qualche mese fa, mentre la Fismic ha rinunciato a proseguire il suo volantinaggio ”per un clima d’intolleranza creato dal raduno della sinistra antagonista”.