ROMA – Ogm: maxifusione Bayer-Monsanto da 66 mld $. Ma i contadini Usa… Accordo fatto tra Bayer e Monsanto, una megafusione da 66 miliardi di dollari che segna la nascita di un colosso mondiale dell’agricoltura. Dopo un tira molla di quattro mesi, alla fine il gigante chimico-farmaceutico tedesco è riuscito a spuntarla e a mettere le mani sulla multinazionale statunitense di biotecnologia agraria per creare il “global leader” dell’agricoltura, come primo produttore al mondo di sementi e pesticidi con un fatturato valutato 26 miliardi di dollari.
L’operazione, tutta in contanti, dovrebbe essere finalizzata entro la fine del 2017 e rappresenta l’acquisizione maggiore messa a segno quest’anno e la più grande mai realizzata da un’azienda tedesca. Una manovra necessaria per difendere la posizione nell’industria agroalimentare che, dopo l’ultima accelerazione nel processo di consolidamento, è dominata ormai da pochissimi big.
A febbraio scorso, il gruppo cinese China National Chemical ha acquisito per 44 miliardi di dollari il gigante elvetico dell’agrochimica Syngenta (che solo un anno fa proprio Monsanto aveva cercato di acquisire), mentre le aziende chimiche Usa DuPont e Dow Chemical hanno chiuso l’accordo per una fusione da 130 miliardi di dollari e sono in attesa del via libera dell’Antitrust.
Ora, con le nozze Bayer-Monsanto due terzi dell’industria mondiale di sementi e pesticidi finisce nelle mani di soli tre grandi player. Un mercato visto in forte espansione, con gli agricoltori spinti ad aumentare la produzione per far fronte alla crescita della popolazione mondiale che si stima raggiungerà i 10 miliardi nel 2050. Anche se, segnala il Wall Street Journal, dubbi e riserve sono emersi negli Stati Uniti legati alla drastica diminuzione dei ricavi dei produttori clienti.
Gli agricoltori stanno riconsiderando l’utilizzo delle sementi Ogm bio-ingegnerizzate dal momento che sta diventando sempre più difficile conciliare i loro prezzi salati con i miseri profitti dell’attuale ciclo economico (che peraltro gli economisti prevedono stabile a questi livelli per decadi).
E’ in questo quadro che a maggio Bayer ha lanciato un’offerta “non sollecitata” su Monsanto da 122 dollari ad azione, respinta al mittente perché inadeguata. A luglio ha rilanciato a 125 dollari per arrivare una settimana fa a 127,50. Ancora troppo poco per il gruppo di St.Louis deciso a spuntare un prezzo non inferiore ai 130 dollari ad azione. Ora l’ultimo affondo: Bayer alla fine ha messo sul piatto 128 dollari ad azione, con un premio del 44%, valutando la multinazionale Usa circa 57 miliardi di dollari. Ma, una volta incluso il debito, il deal arriva a 66 miliardi di dollari.
Le trattative hanno rischiato più volte di saltare, e per chiudere l’accordo il gruppo tedesco ha anche dovuto aumentare da 1,5 a 2 miliardi di dollari la penale da corrispondere a Monsanto nel caso in cui le autorità antitrust dovessero bocciare la fusione. Principale ostacolo è rappresentato dal fatto che il nuovo colosso arriverebbe a coprire una quota superiore al 30% del mercato mondiale.
Nell’illustrare l’operazione agli analisti, i vertici di Bayer e Monsanto hanno assicurato la massima cooperazione con le autorità di controllo e si sono detti “fiduciosi” che la fusione verrà approvata spiegando che non ci sarebbero sovrapposizioni sul mercato. Ma è probabile che lo scoglio più difficile da superare sia quello degli Ogm. Negli ultimi vent’anni Monsanto si è concentrata sulla commercializzazione di organismi geneticamente modificati e se negli Usa incidono per il 90% sulla produzione di granturco e soia, in Europa c’è una forte resistenza da parte dei consumatori e in molti Paesi sono sotto stretto controllo o addirittura vietati.