L’hanno chiamato “orario a menu”: e per la prima volta in un’azenda ogni dipendente ha una tabella di lavoro che rispetta le proprie esigenze e i propri impegni extra-lavorativi.
Accade a Caselle di Selvazzano, provincia di Padova, al terminal italiano della Zf, azienda metalmenccanica tedesca.
La multinazionale sforna ingranaggi per motori marini. La produzione è continua, ma l’orario di lavoro degli operai – 200 su 360 dipendenti – è personalizzato.
Dalle trattative tra azienda e sindacati, la soluzione: ogni due mesi i lavoratori compilano una richiesta con le loro preferenze sui tempi di lavoro. Da parte sua, l’impresa presenta il piano sulle necessità produttive. Qui subentra la tecnologia: un software apposito incrocia le diverse esigenze, e quello che ne esce è l’orario di ognuno.
Due le possibili tipologie di orario: uno di “carico”, un altro di “scarico”., a seconda che si voglia avere più o meno tempo libero, rispetto alla media settimanale di 40 ore. Il bilancio complessivo delle ore viene fatto a fine anno.
“Ci abbiamo guadagnato tutti. Abbiamo abolito lo straordinario, strumento in mano ai capetti, e l’abbiamo sostituito con un premio per la flessibilità. Così ognuno può bilanciare la sua vita familiare con quella della fabbrica, e in tempi di asili che chiudono e di anziani da accudire non è poco”: questo il commento di Luca Bettio, rappresentante sindacale dell’azienda.
E i casi confermano: c’è chi approfitta delle mattine libere per accudire i figli, chi nel tempo libero si occuopa di volontariato, chi, addirittura è riuscito a prendersi una laurea in ingegneria studiando nelle ore a casa.
“La fabbrica era una gabbia rigidissima, come nella Manchester dell’800, noi siamo riusciti a rompere quel meccanismo e a gestire la flessibilità in modo collettivo e con vantaggio reciproco, racconta Gianluca Badoer, operaio Zf. esprimendo bene il successo di un modello che anche il Politecnico di Milano sta studiando.
Grazie agli orari personalizzati l’assenteismo è diminuito, mentre sono aumentati la puntualità nella consegna e i margini di redditività.
La sociologa Marina Piazza fa notare un altro aspetto virtuoso della rivoluzione Zf:per realizzare “l’orario a menù”, tutti hanno dovuto imparare a fare tutto. In questo modo è aumentata la professionalità di ciascuno.
“È la prova che non bisogna avere paura a cercare orizzonti più ampi, afferma Piazza, fatto importante in un periodo in cui si deve immaginare una nuova mappa del welfare”.
A confermare il successo del modello Zf, anche Eurofound, l’agenzia della Ue per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Nel suo rapporto del 2009 è arrivata ad una conclusione: la flessibilità è uno degli strumenti per rispondere meglio alla crisi. I Paesi più dinamici e competitivi sono quelli che sanno innovare, adeguandosi alle esigenze della realtà. E della vita dei lavoratori.