ROMA – Contributivo per tutti, in pensione solo dopo 41 anni di lavoro per le donne e 42 per gli uomini, nel 2018 l’età minima per uscire dal lavoro sarà 66 anni senza distinzioni di genere, sopra i 936 euro niente aumenti legati all’inflazione. E’ quanto contenuto nell’attesa riforma del capitolo previdenziale annunciata da Mario Monti nelle disposizioni urgenti per l’equità la crescita e il rigore che il nuovo primo ministro invita a chiamare decreto salva-Italia.
Dal primo gennaio 2012 per il calcolo degli assegni pensionistici varrà il sistema contributivo per tutti per i versamenti futuri (pro rata). Viene eliminato quindi il sistema retributivo ancora in vigore per chi ha almeno 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995 (Riforma Dini). Le finestre mobili sono abolite, gli assegni verranno erogati un mese dopo la cessazione dell’attività lavorativa, niente più attesa di 12 mesi per i dipendenti e di 18 mesi per gli autonomi. Sulle pensioni di anzianità viene alzata l’asticella dai 40 anni attuali a 42 anni un mese di contributi per gli uomini e 41 e un mese per le donne, senza finestre.
L’aumento dell’età di pensionamento delle donne e la sua equiparazione a quella degli uomini sarà un po’ meno graduale: il requisito minimo è di 62 anni dal 2012 per arrivare a 66 anni nel 2018 (prima della manovra era previsto nel 2026 a 65 anni). Il limite sarà ulteriormente elevato a 64 anni nel 2014. Nel 2016 si attesterà a 65, per giungere a 66 anni nel 2018. Per le lavoratrici autonome lo scalone sarà più graduale, 63 anni e 6 mesi dal 2012, il resto del percorso le porterà a 66 anni nel 2018 come le dipendenti.
All’innalzamento dell’età verrà affiancata una certa flessibilità di uscita dal lavoro: da 62 anni per le donne, 67 anni gli uomini, fino a 70 sarà in vigore una penalizzazione del 2% per chi lascia il lavoro prima e maggiorazioni per chi resta più a lungo.
Il ministro Fornero si è commosso annunciando i sacrifici gravanti sulle buste paga dei pensionati: sopra i mille euro ( cioè il doppio della pensione minima) gli assegni saranno deindicizzati, non avranno quindi aumenti legati agli effetti dell’inflazione. Che attesa al 2,6% per il 2012 produrrà per le pensioni minime un adeguamento da 469 euro a 481 euro mensili, aumento che resterà anche per coloro cui sono erogati assegni da 482 euro a 936 euro. Chi al 31 dicembre di quest’anno avrà ricevuto un assegno da 950 euro in su non percepirà alcun aumento e perderà un po’ di potere d’acquisto per il 2,6% della quota di inflazione.