ROMA – Per il rimpatrio dei capitali illecitamente detenuti all’estero si attende uno scatto di qui alla fine di settembre che possa portare il gettito conseguente a circa 3 miliardi di euro per il gettito nazionale. Procedure più semplici e soprattutto costi dimezzati (cioè dimezzati i tempi di indagine e imposizione delle tasse dovute) per i titolari di conti da far emergere, queste le novità per accelerare l’efficacia del provvedimento.
Al 3 giugno sono arrivate infatti appena 1836 richieste di accedere alla voluntary disclosure per far emergere i capitali nascosti all’estero (ma anche in Italia). E sulle prime 1288 presentate fino al 18 maggio “gli imponibili oggetto dell’emersione erano di circa 260 milioni di euro per imposte dirette, circa 16 milioni ai fini Irap e 12 milioni ai fini Iva” senza considerare imposte e sanzioni.
Insomma a malapena 300 milioni di euro. Il Governo (e l’Agenzia delle Entrate per bocca della sua direttrice Rossella Orlandi) però confida che entro settembre (a meno che non si introduca una dilazione fino a dicembre) i capitali di ritorno saranno 3 miliardi. Una stima ragionevole, utile soprattutto per far quadrare il bilancio della prossima finanziaria, oggi legge di stabilità.
Stime e speranze poggiano infatti sull’ultimo intervento del consiglio dei ministri che ha reso più conveniente la procedura e disposto un dimezzamento dei costi in carico agli evasori pentiti. “Molti contribuenti lo aspettano per avere certezza degli anni in cui si opera”, ha dichiarato Orlandi in Parlamento.
Tecnicamente anche le attività e le imposte riferite ad anni per i quali siano scaduti i termini per l’accertamento fiscale potranno accedere alla voluntary disclosure beneficiando della riduzione delle sanzioni amministrative tributarie e della non punibilità penale. Lo prevede il decreto fiscale sulla certezza del diritto. Andrea Bassi spiega sul Messaggero il meccanismo vincente. Anche perché, con la stretta delle nuove norme internazionali cui ha aderito perfino la Svizzera che ha abolito il segreto bancario, quei capitali diventano intoccabili.
La voluntary non è una sanatoria, perché per regolarizzare i capitali è necessario pagare tutte le tasse evase. L’unico sconto è sulle sanzioni e sugli interessi. Però le tasse vanno pagate solo sui periodi per i quali il Fisco può effettuare accertamenti. Fino a luglio, con le vecchie norme sul raddoppio dei termini, si poteva arrivare fino a 8-10 anni indietro.
Con la limitazione introdotta, invece, il Fisco potrà chiedere le tasse arretrate solo degli ultimi 4-5 anni. In pratica il prezzo per far emergere i capitali si è dimezzato. Per ognuna delle domande già presentate, secondo gli avvocati d’affari che si occupano della procedura, ce n’erano almeno dieci in attesa della norma sul raddoppio dei termini. Da qui a settembre, insomma, per la voluntary ci sarà un’accelerata. (Andrea Bassi, Il Messaggero).