ROMA – Tunisia, Egitto, Libia. Le rivolte che hanno gettato nel caos i Paesi nel Maghreb hanno avuto un impatto tutt’altro che insignificante sulle tasche degli italiani che nel giro di due mesi, cioè dall’inizio dei primi scontri, hanno visto il pieno della propria auto lievitare di ben quattro euro. Dai 74 euro pagati per una vettura di media cilindrata ad inizio gennaio (più o meno in coincidenza con i primi scontri in Tunisia) si è infatti passati agli attuali 78 euro, in piena crisi libica.
Se esattamente due mesi fa, il 5 gennaio, il prezzo medio della verde si aggirava intorno a 1,48 euro al litro, gli ultimi giri di rialzi di venerdì 4 marzo hanno portato la benzina nei distributori del market leader Eni a 1,557 euro. Il costo del rifornimento per una vettura da 50 litri è così passato da 74,05 a 77,85 euro.
Una vera e propria impennata si è registrata negli ultimi 15 giorni, cioè dallo scoppio della crisi libica, che ha innescato il rally del petrolio da una sponda all’altra dell’Atlantico, spingendo le quotazioni del greggio fino ad un massimo di 119,79 dollari il 24 febbraio scorso a Londra.
Il 17 febbraio, giorno dei primi scontri a Bengasi e Al Beida, il prezzo della verde si posizionava infatti a 1,506 euro al litro con il pieno a 75,30 euro, quindi due euro in mezzo in meno rispetto ad oggi. Se si guarda poi ai massimi riscontrati al Sud, dove venerdì si arrivava fino a 1,594 euro per un litro di verde, il pieno sfiora addirittura gli 80 euro.
Da qui la richiesta, arrivata da più, parti di rimodulare le accise che pesano sui prezzi dei carburanti. In attesa che il governo approvi la riforma del settore, rimessa nel cassetto dopo il rinvio del ddl concorrenza, consumatori, gestori e sindacati sono compatti nel chiedere un intervento fiscale immediato, rispolverando il decreto taglia-accise approvato nel 2008 dal governo Prodi e dagli allora ministri Bersani e Visco e che prevedeva una riduzione della tassazione nei casi di emergenza in cui il petrolio superasse una determinata soglia.
Sulle accise, denunciano i consumatori, pesano infatti ancora fatti accaduti decine di anni fa dal finanziamento per la guerra in Etiopia del 1935 a quello per l’alluvione di Firenze del ’66, fino al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.
Fegica e Cisl sono invece già pronte a presentare un loro ddl di riforma con gli obiettivi di ”costituire un mercato all’ingrosso trasparente, separare il ruolo di produttore e dettagliante, aprire il libero mercato a tutti gli operatori al dettaglio, correggere le modalità di esposizione dei prezzi”. A questo scopo i sindacati daranno avvio alla campagna informativa e alla raccolta di 500.000 adesioni in tre mesi, da consegnare ai presidenti di Camera e Senato a sostegno del disegno di legge.