ROMA – Chi più ha paghi i servizi sanitari, l’esenzione scatti a 70 anni e non a 65 come ora (la maggiore aspettativa di vita non conta solo per le pensioni), 36 mila euro sono troppi per curarsi gratis. La Conferenza delle Regioni, facendo proprie le linee guida del governo, disegna il nuovo volto della sanità pubblica: tetto alle spese, circoscrizione dell’area di esenzione, tasse di scopo per finanziarla, ticket crescenti al crescere della tariffa. La sintonia, riguardo l’attenzione ai bilanci e alla progressività economica nell’erogazione dei servizi, tra governo e regioni, braccio esecutivo e finanziario della sanità, è quasi totale.
Quasi perché nel documento si dice no al ticket sui ricoveri ospedalieri, misura rilanciata anche dal ministro Balduzzi ma giudicata troppo impopolare rispetto al gettito stimato. Anche in considerazione dei tagli che la manovra ha inferto: 8 miliardi dalle ultime finanziarie che diventano 17 secondo le regioni se calcolati sul fabbisogno sanitario da qui a fine 2014. Anche il superticket su visite e analisi non piace alle Regioni.
Pieno accordo invece sulle tasse di scopo per finanziare le aziende sanitarie locali: tasse maggiorate su alcolici e sigarette, insieme alla novità dell’imposta sul junk-food (cibo spazzatura) che crea obesi e nuovi malati. Sui farmaci si va verso l’estensione del ticket sulle singole confezioni già applicato in diverse regioni, con un limite di spesa per ciascuna ricetta. I ticket non saranno più uguali per tutti: si terrà conto di fasce di reddito, composizione familiare, presenza di anziani e persone non autosufficienti a carico.
A questo proposito, l’Isee, l’indicatore della situazione economica del contribuente, verrà agganciato a nuovi strumenti di valutazione dei bisogni sanitari, una specie di “sanitometro”. L’attuale livello di esenzione per patologia, ora al 15%, è troppo elevato. Così come è troppo estesa l’area totale di esenzione totale che abbraccia il 47% della popolazione. Troppo. Si introdurranno tetti di reddito più bassi e il principio prevalente sarà “innalzare la percentuale di prestazioni soggette a compartecipazione” (stato/paziente) garantendo, si legge nel documento, “maggiore equità attraverso la differenziazione dei livelli di contribuzione”.
In vista di una maggiore razionalizzazione del settore sanitario nel suo rapporto con il cittadino fruitore, dal governo (liberalizzazioni) arriva l’imposizione ai medici di fornire ai mutuati le eventuali alternative ai farmaci prescritti. Si vuole fornire la possibilità di accedere con più frequenza ai farmaci generici, la cui quota di penetrazione in Usa, Germania, Regno Unito, raggiunge dal 65 all’80% del mercato, mentre in Italia è ferma al 14%. I farmacisti (e soprattutto le case farmaceutiche) contestano l’equivalenza fra farmaci (“può avere un’oscillazione del 20%”), i medici la loro autonomia “prescrittiva. Assogenerici fornisce un dato che non sfugge a Regioni e Governo: “Nel 2011 lo Stato ha perso un potenziale risparmio di 600/800 milioni”.