ROMA – Sul taglio degli ospedali più piccoli e sulla ristrutturazione della spesa sanitaria c’è un punto fermo (5 miliardi di risparmi fino al 2014) e un grosso attrito su qualità e profondità dei tagli stessi, con le Regioni che rivendicano voce in capitolo, spalleggiate dal ministro Balduzzi contrario a chiusure automatiche. Il limite minimo dei 120 posti letto, sotto il quale gli ospedali verranno chiusi, potrebbe essere spostato a 80 posti letto. Invece che su 216 ospedali la scure si abbatterebbe su 145. Ma anche qui, comunque, il tasso di posti letto ogni mille abitanti deve scendere categoricamente da 4,2 a 3,7. Rischiano in particolare le sale parto con meno di 500 nascite l’anno: ne sono state indivuiduate 120. La razionalizzazione della spesa, già iniziata nel 2000, si fonda sul principio, teoricamente giusto, di fornire meno “ospedali e più assistenza sul territorio”.
Il fatto è, come tutti si sono potuti accorgere (per esempio nel Lazio con persone che da Ladispoli devono andare a Roma per ricevere le cure) che solo la prima parte della formula è stata applicata: meno ospedali ma niete assistenza sul territorio con la conseguenza che sono aumentate le liste d’attesa e i pronto soccorsi sono affollatissimi perché presi d’assalto da cittadini che si fanno anche due ore di macchina per accedervi. A dispetto della golden hour, la regola che vuole un presidio medico raggiungibile in 45 minuti da ogni zona d’Italia.
In totale, oltre ai 5 miliardi previsti dal decreto sulla spending review di qui al 2014, il taglio alla sanità arriva a 13 miliardi, considerando gli 8 miliardi della manovra Tremonti. Il ministro Balduzzi non ha nascosto la sua perplessità: “La mia posizione è diversa da quella degli altri membri del Governo, la norma è ancora oggetto di discussione”.
L’allarme è di due ordini: sociale, per il temuto ridimensionamento dei servizi e del welfare, politico/contabile per i presidenti di Regione che temono il taglio dei servizi come il commissariamento per l’impossibilità di riuiscire nei piani di rientro. Molto critico anche il mondo delle imprese, dal farmaceutico al biomedico.
350 milioni di risparmi verranno nei prossimi sei mesi dalla farmaceutica, 300 da beni e servizi, 200 dal taglio dei posti letto e 150 da misure varie, come il rilancio della sanità elettronica e il taglio dell’1% nel 2012 e del 2% nel 2013 della spesa per specialistica ambulatoriale e case di cure. Sui beni e servizi il taglio d’autorità è del 5% ma se dai contratti in essere spunteranno prezzi significativamente superiori al prezzo medio individuato dalla Consip le Asl potranno recedere i contratti e rinegoziarli senza pagare penali. In precedenza il prezzo lo stabiliva l’Authority sui contratti pubblici e dall’Agenas del ministero di Balduzzi.
L’industria farmaceutica pagherà poi il 50% (anziché il 35) degli sfondamenti della spesa farmaceutica ospedaliera, mentre lo sconto obbligatorio praticato allo Stato sale dall’1,83 al 6,5%. Quello dei farmacisti raddoppia al 3,65%. Confermato l’abbassamento dal 13,5 all’11,5% della spesa sanitaria complessiva del tetto per la spesa farmaceutica territoriale, mentre quello delle pillole ospedaliere sale dal 2,4 al 3,2%. Limite oltre il quale ripianano industriali e farmacisti per le parti di loro competenza.
Di seguito l’elenco completo, regione per regione, degli ospedali (e relativo numero di posti letto) a rischio chiusura (Fonte, elaborazione del Sole 24 Ore).