
WASHINGTON – Gli Stati Uniti danno il ben tornato a salami, coppe, pancette e culatelli. Dopo 15 anni di analisi di laboratorio e trattative, cade l’embargo posto dalle autorità sanitarie americane sugli insaccati italiani a bassa stagionatura, ovvero quelli al di sotto dei 14 mesi.
Dal 28 maggio entra in vigore il provvedimento con cui l’Animal and Plant Health Inspection Service ha ufficialmente riconosciuto che la Malattia Vescicolare Suina (MVS) è ormai debellata.
Una bella notizia per gli allevatori italiani che attendono ora un aumento dell’export negli Stati Uniti del 17%, con un giro d’affari che potrebbe arrivare a toccare quota 80 milioni di euro. Più che una boccata d’ossigeno per uno dei comparti più apprezzati e al contempo sofferenti, del made in Italy alle prese con un forte calo della domanda interna. Prosciutti crudi, cotti e speck, non colpiti dall’embargo, sono già un business oltreoceano da 68 milioni di euro l’anno.
Secondo le stime dell’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi (ASSICA) il via libera potrà garantire circa 200 milioni di euro di maggior export in carni e frattaglie e circa 40-50 milioni di euro dai salumi, a vantaggio delle principali aree di produzione italiane.
