ROMA – Una donna di 90 anni colpita da ben due ictus celebrali, per la prima volta ha dipinto un quadro. I familiari della signora sono rimasti stupito dal risultato: il quadro infatti è un piccolo capolavoro.
L’immagine ha fatto il giro del web ed ha testimoniato uno dei “miracoli” del cervello umano che porta alcuni pazienti colpiti da gravi patologie a scoprire, una volta guariti, potenzialità. Il fenomeno, come in questo caso, accade anche in età avanzata.
La signora Nelson oggi novantenne, è l’autrice del quadro. Siamo negli Usa: i due ictus, alla che avevano colpito prima un emisfero cerebrale e poi l’altro.
Il Corriere della Sera racconta la storia:
“Tornata alla casa di cura dove vive, dopo una lunga degenza, non ha mai ripreso la sua abilità nel linguaggio e i medici hanno dichiarato che la signora soffre di afasia di Wernicke, ovvero una lesione del cervello inguaribile che fa perdere la capacità di comprendere e rielaborare le parole. Come dichiara il nipote Casey Nelson alla stampa, ovvero l’uomo che ha portato alle cronache il suo caso, ‘spesso la nonna è confusa e arrabbiata, talvolta non mi riconosce’. Ma in uno dei suoi momenti più solari, nel corso di un’attività di laboratorio organizzata dal ricovero che la ospita, ha espresso tutta la sua creatività con la pittura. Il suo dipinto – un panorama autunnale dai toni caldi, con alberi e foglie cadute lungo un corso d’acqua – ha stupito soprattutto i suoi cari, che ricordano come la nonna non avesse mai espresso interesse o velleità artistiche.
“La 90enne non è la prima persona a eccellere nell’arte dopo aver sofferto di problemi anche gravi al cervello: le cronache mediche sono ricche di affascinanti aneddoti su persone con danni cerebrali, o malate di Alzheimer, che hanno espresso potenzialità artistiche mai avute prima della malattia. Alcuni hanno iniziato a suonare uno strumento musicale come pianoforte o chitarra, altri si sono dedicati alla pittura. Spesso proprio laddove i problemi linguistici sono fioriti, hanno ovviato con una nuova e magari inesplorata dimensione cognitiva alla loro malattia”.

