L’intervista a Philip Roth? Tutta vera, “possiedo le registrazioni audio”. Dopo le polemiche degli ultimi mesi, la smentita dello scrittore americano (che ha sostenuto anzi di non aver mai parlato con lui), le accuse di aver inventato anche molte altre interviste a scrittori celebri, da Grisham a Herta Muller, il giornalista freelance Tommaso Debenedetti torna alla carica e rilancia, confermando tutti gli scoop che ora gli vengono contestati e annunciando di aver deciso, d’accordo con il suo avvocato, “di adire alle vie legali” nei confronti del grande narratore americano.
Non senza lanciare una frecciatina ai colleghi delle redazioni: “Nessun caporedattore o direttore – rivela oggi il giornalista figlio di Antonio Debenedetti e nipote di Giacomo – mi ha mai chiesto la minima verifica riguardo alle mie fonti o ai miei contatti”.
Tutti i colloqui con gli importanti scrittori “dei quali mi è stata contestata la veridicità – sostiene- sono realmente avvenuti, e da me sono stati trascritti fedelmente nei ‘pezzi’ usciti sui vari giornali. Della maggior parte (compresa quella fatta a Philip Roth per Libero) possiedo le registrazioni audio che mi riservo di far ascoltare nei momenti e nelle sedi opportune onde fugare, anche a livello legale, ogni sospetto possibile sull’autenticità di essi”.
Quanto a Roth, rilancia, “non solo ha dichiarato il falso affermando, prima in un’intervista a Il Venerdi di Repubblica, e poi, più diffusamente, in una conversazione apparsa sul settimanale New Yorker del 5 aprile, di non avermi mai rilasciato l’intervista uscita su Libero nel novembre 2009 e di non conoscermi (eppure varie volte era stato da me intervistato negli anni senza mai smentire!) ma ha anche detto, in termini che mi duole definire intimidatori ‘la sua carriera è finita’”.
“Roth – prosegue Tommaso Debenedetti – ha voluto sottolineare di non essere assolutamente deluso da Obama, come invece mi aveva detto. Prendo atto della sovrana libertà per uno scrittore di cambiare parere, e magari di voler evitare di inimicarsi un Presidente Usa che potrebbe sostenerlo nella corsa al Nobel, ma tutto questo non può, e non deve, avvenire a danno dell’altrui lavoro e addirittura con affermazioni che, dette da una personalità ascoltata e stimata quale Roth, assumono l’inequivocabile aspetto di un feroce, definitivo ma improprio decreto di condanna”.
Da qui la decisione di procedere con le vie legali “che mai avrei pensato di dover mettere in atto soprattutto nei riguardi di un autore straordinario che da sempre ammiro”.
Il freelance spiega di aver fatto le interviste che gli sono state contestate “per pura passione professionale, ricevendo per esse (quando li ho ricevuti) compensi irrisori, dai venti ai quaranta euro per ogni intervista (nonostante si trattasse sempre di esclusive e i nomi fossero quelli di autori assai celebri)”.
Anche per questo, dice, “ritengo che debba cessare, e può accadere solo attraverso un trasparente iter legale, la serie ormai lunga di diffamanti accuse a mio riguardo”.