Le mani di Maurizio Scelli sulla Croce Rossa Italiana: l’ex commissario straordinario di Cri è stato condannato dalla Corte dei Conti a restituire 900 mila euro. Secondo i giudici tributari ha provocato un danno di 3 milioni di euro all’istituzione. La notizia è stata scritta da Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa ed è stata ripresa dal sito Dagospia.
L’accusa per Scelli, commissario straordinario dal 2003 al 2005, è quella d’aver sottoscritto una serie di contratti per servizi informatici a dispetto dell’opposizione dei revisori dei conti, che avevano segnalato la mancanza dei soldi nel bilancio. La Corte dei Conti non fa giri di parole nel definire la vicenda, si parla, infatti, di “sperpero di denaro pubblico”. I contribuenti italiani infatti versano nelle casse della Cri fino a 160 milioni di euro l’anno.
E invece poi si chiudono ambulatori perché “improduttivi”. E, soprattutto, si chiudono in una città come Roma dove, a rigor di logica, l’emergenza non sembra mancare. Tutto è taciuto fino alla chiusura definitiva degli ambulatori, ma è da tempo che le le organizzazioni sindacali della Cri denunciano l’assenza dei vertici politico-amministrativi in merito agli obiettivi della Croce Rossa Italiana. Gli ambulatori chiusi, a partire dal 1 gennaio scorso, sono quelli di via Pacinotti e di Largo Preneste, a Roma.
Salvaggiulo ha specificato che Scelli è stato condannato “per una serie di contratti per servizi informatici (dalla posta elettronica alla gestione management, dal web hosting all’assistenza tramite call center), sottoscritti a dispetto dell’opposizione dei revisori dei conti, che avevano segnalato la mancanza di soldi nel bilancio. Tanto che nel 2007, i successori di Scelli furono costretti ad accordarsi con le ditte, pagando una penale per cancellare quei contratti, rinunciando ai servizi informatici”.