ROMA – In Tunisia il partito islamico viaggia verso il quaranta per cento alle prime elezioni costituenti. Nel nuovo Egitto si potrà edificare un luogo di culto non islamico solo con il permesso speciale del capo dello Stato. In Libia tutte le leggi contrarie e non coerenti alla legge islamica si intendono decadute. Più avanza la “stagione” e più la primavera araba si annuncia come una primavera per soli uomini. Racconta il Corriere della Sera del rischio che preoccupa non poco le donne che quei paesi abitano. E le preoccupa perché, ad onor del vero, i paesi protagonisti della primavera araba, nonostante governati da dittature più o meno brutali, erano quelli che con i vecchi regimi avevano le legislazioni più aperte in materia di diritti civili, ovviamente con riferimento al mondo arabo.
Testimoni di questo disagio, di questa preoccupazione, sono alcune delle partecipanti alla conferenza «Le donne agenti di cambiamento nel Sud del Mediterraneo», organizzata dalla deputata Deborah Bergamini. Ad esempio Sondes Ben Khalifa, giornalista e blogger tunisina, capelli neri corti e sguardo grintoso. «Io non ho votato per Ennahda (il partito islamico vittorioso nelle elezioni tunisine ndr) perché non mi piacciono i partiti unici, penso sia meglio una coalizione dopo tanti anni di Ben Ali. È vero che in campagna elettorale i loro candidati hanno proposto un Islam moderato, limitando gli interventi agli stili di vita incentrati sulla visione musulmana. Ma questa è in ogni caso la direzione verso cui andremo». C’è anche chi sostiene che questo non accadrà, che esiste l’Islam moderato e che i partiti islamici sono paragonabili alle europee democrazie cristiane. Ma è un fatto che le legislazioni di Tunisia e Libia fossero all’avanguardia nel mondo arabo in tema di diritti civili.
Per quanto riguarda ad esempio il divorzio, Tripoli e Tunisi, erano gli unici che garantivano una legge definita equa dall’Unesco e da Freedom House. Mentre in Egitto, Iraq, Libano, Siria e Yemen la legislazione era definita, dagli stessi organismi nel 2009, pro uomini. Fino ad arrivare all’Arabia Saudita dove la possibilità di chiedere il divorzio è una prerogativa tutta maschile. E lo stesso discorso potrebbe essere applicato all’istruzione, alla partecipazione alla vita pubblica e politica, all’accesso al mondo del lavoro e quant’altro.
Non è infatti un segreto che leader come Gheddafi e persino Saddam, fossero i più allergici alle teocrazie, alllo Stato-Chiesa. Non perché animati da uno spirito democratico, illuminato e progressista, ma semplicemente perché vedevano nel potere ecclesiale un rivale da combattere, almeno sino a che non hanno avuto il bisogno di cavalcarlo nei loro momenti finali cercando di opporsi al nemico occidentale. E non stupisce quindi che la nuova massima autorità religiosa libica abbia sancito con una fatwa che non si può pregare per l’anima del Colonnello e che Gheddafi non avesse diritto alle esequie islamiche.
In fondo, come sostengono alcuni storici, la storia non fa che ripetersi, caccia lo Scià e ti ritrovi un ayatollah.
