Riccardo Garrone sta chiuso nel suo eremo da grande cacciatore di fucile e di selvaggina a Grondona, nell’immediato entroterra di Genova, sulle colline gaviesi, dove la sua casa trabocca di trofei venatori e probabilmente fa il conto dei soldi che il campione butterato e geniale gli costerà alla fine e magari contemplerà la fine di una specie di artificiale favola del terzo millennio tra il campione-furfante-imprevedibile e geniale e il petroliere burbero e generoso che, conclusa la carriera in prima linea come grande business man del petrolio, aveva trovato nel calcio e nei colori blucerchiati una potente passione “matura”. I suoi dirigenti e i suoi avvocati studiano il divorzio, mentre la sacca dei vestiti da gioco del prodigio barese, numero 99 di maglia e di borsa, non viene neppure imbarcata sul pulmann della squadra che parte per la trasferta non certo difficile di Cesena. La storia di Cassano alla Samp, meglio la favola con tanto di amore sbocciato al bordo di una piscina per Carolina, dopo le 700 donne del suo libro-boom intitolato “Le Cassanate”, edito da Rizzoli, il matrimonio con Garrone che si offre testimone ( ma viene respinto, questa volta non con un vaffanculo), è finita tecnicamente perchè il geniale attaccante di Barivecchia, dopo avere chiesto scusa a parole non ha voluto firmare un documento scritto di riparazione e probabilmente di impegno nei suoi futuri comportamenti e, quindi, il rapporto si interrompe per sempre, lasciando in una valle di lacrime, nel week end dedicato ai defunti, la parte calcistica di Genova che aveva trovato in Cassano, una specie di idolo catalizzatore, capace di riportare i colori blucerchiati in vetta alla classifica e di far sognare una tifoseria per la prima volta minacciata, dopo decenni nella leadership cittadina, dal Genoa di Preziosi, Gasperini e di idoli come Borriello, Milito e compagnia cantante. Eppure tutta la storia della separazione, ivi compreso il rifiuto a un contratto decurtato con l’ingaggio al 50 per cento e gli anni di impegno ridotti a due, da cinque che erano, non convincono nessuno e la dietrologia si scatena. Intanto, questa del triplice insulto dopo la richiesta di Garrone di presenziare a una festa di club blucerchiato (una banalità) , è sola l’ultima delle cassanate genovesi e quindi la sanzione di per se stessa sembra esagerata. “Come mandare uno all’ergastolo per un insulto “ _ commenta Claudio Pasqualin, uno dei più noti procuratori di giocatori, tra quelli che ora si leccano i baffi per l’affare che Cassano potrebbe far fare, cambiando club. Solo tre settimane fa, per essere stato sostituito dall’allenatore Di Carlo nel match contro il Bologna, il numero 99 della Samp aveva fatto una bella sceneggiata, insultando tutti e uscendo dal campo tra gestacci e parolacce senza salutare né compagni, né allenatori. E prima ancora non si contano le leggende metropolitane e le cronache dei match innescati dall’irrefrenabile genio e sregolatezza barese, in campo e fuori, tra dirigenti, giocatori, amici, parenti e membri del suo clan. Cassano rinsavito, domato da Garrone e dai suoi, dopo anni di intemperanze a Bari, Roma, Madrid, in nazionale, con decine di amici, giocatori, campioni superallenatori, a incominciare dall’ex amico fraterno, Francesco Totti (che ora lo tratta come un appestato), a Lippi che si è praticamente evirato calcisticamente nell’ultimo mondiale pur di tenerlo fuori dalla sua Nazionale delle figuracce sudamericame, a Fabio Capello, che pure lo aveva recuperato tra Roma e Madrid? No Cassano era sempre Cassano, come un anno fa, quando l’allora allenatore blucerchiato Del Neri lo ha lasciato fuori suadra per cinque turni per “diverbi tecnici” sotto l’abile regia di Marotta, facendolo poi rientrare al momento giusto del rilancio e dell’incredibile quarto posto, conquistato dalla Sampdoria.