Il giovane prete che maturava le sue idee, impattando la realtà sociale di quel mondo italiano, genovese, cattolico romano, periferico se vogliamo, ma rispondente a un modello di famiglia che emergeva per le sue difficoltà, rimase colpito da tante altre storie simili.
Una famiglia napoletana, anche quella con parecchi figli, e la donna veniva sempre a piangere sul proprio caso e mi chiedeva se proprio non poteva essere mai più riammessa alla comunione: era rimasta sei mesi con il marito, poi era venuta via con quell’altro: erano passati venticinque anni, avevano allevato insieme tanti figli, non c’era proprio nessuna possibilità di remissione per gli errori della giovinezza?
E’ qua che si inchioda la battaglia di Giovanni Cereti, che nasce non solo il suo percorso nella storia e nella teologia per trovare una soluzione al tema che scopre così urgente, così diffuso nella base primaria della chiesa.
Restava la speranza del Tribunale Ecclesiastico dove lavorai per qualche anno e dove c’erano preti che incarnavano in maniera straordinaria la misericordia della chiesa. Ma l’approccio giuridico, l’indiscrezione e la freddezza quasi burocratica con cui si era costretti a entrare nella vita più intima e segreta di tante persone, gli abusi….l’ipocrisia di dichiarare nulli dei matrimoni per delle motivazioni che non avevano nulla a che fare con le vere ragioni del fallimento coniugale……mi convinsero che tutto quello aveva ben poco a che fare con il Vangelo…
Eccola qui la svolta, che porta il giovane prete genovese di quegli anni, in qualche modo pre-moderni, prima delle turbolenze sociali ed anche di quelle in seno alla Chiesa nella quale Siri era un campione di conservazione e partivano i primi fermenti dei “camillini”, dei cosiddetti cattolici del dissenso, dei preti anticonvenzionali come don Agostino Zerbinati nella parrocchia di Oregina o il futuro mitico don Andrea Gallo, allora rivoluzionario in erba, a imboccare la strada della ricostruzione storico-pastorale per riformare un pezzo del catechismo.
Ma ci vuole, appunto,sessanta anni dopo, Papa Francesco, che viene dal mondo alla fine del mondo per capire bene quella battaglia per dare la comunione ai divorziati, per fare di quella materia delicata uno dei temi del Sinodo in corso, un dibattito-scontro nel quale improvvisamente, ma non tanto, don Giovanni Cereti, divenuto nel frattempo con umiltà e silenzio e dopo non poche traversie e censure, Rettore dell’Abbazia dei Genovesi in Trastevere nella prestigiosa chiesa di San Giovanni Battista, può esercitare il suo ruolo.
E’ il cardinale Walter Jasper – spiega oggi Cereti – a spingere perché questo dibattito, nato nella prima tornata di ottobre del Sinodo, non si spenga perché si discuta molto, ci si confronti, se ne parli di come affrontare nei temi così delicati anche quello dei peccati, della penitenza, dei sacramenti ai divorziati….
Cereti non parla certo a caso, raccontando la sua lunga storia ed è il Papa stesso, proprio negli ultimi giorni, a dimostrare quanto urgente e importante sia il tema, con la sua intervista a Elisabetta Piquè, la corrispondente argentina de La Nacion di Buenos Aires a Roma.
