Che colpa aveva lui, se Scajola inciampava nella operazione “a sua insaputa” e poi nelle sabbie mobili del maxiporto di Imperia che anche Burlando aveva inaugurato, impettito come un soldatino nella cerimonia a fianco dell’allora potente ministro berlusconiano, del blaggeur Francesco Bellavista Caltagirone, il costruttore romano che la magistratura di Imperia sta trattandso come il Conte di Montecristo, sepolto nelle carceri a 75 anni anche quando l’operazione porto sta oramai trovando altri padroni e una soluzione finanziaria che salvi baracca e burattini di una catastrofe edilizio-urbanistica-morale?
Via Scajola, via la Vincenzi, arrivato al trono di Tursi un marchese postdiseredato come Marco Doria, la cui invenzione come candidato alternativo alla Vincenzi e all’altra zarina in corsa per Genova, la senatrice Roberta Pinotti, qualcuno fa perfidamente risalire a lui, al Governatore, stufo di intrerlocuzioni sbagliate nel suo regno, ha colto la palla al balzo e ha sciorinato la sua nuova tattica politica.
Oggi il Pd genovese e ligure vede l’avanzata di un gruppo di giovani turchi (una volta li avrebbero chiamati così), un segretario regionale Lorenzo Basso, di 35 anni, nella manica di Bersani, cattolico, consigliere regionale, uno di quelli che la Vincenzi definiva quaquaraquà del Pd, un commissario provinciale Giovanni Lunardon, coetaneo, sposato con la pimpantissima avvocatessa Sara Armella, presidente della Fiera di Genova, fiscalista, e poi altri volenterosi trentenni, quarantenni, già esperti di assessorati e partiti, come Simone Mazzucca, Simone Farello, Victor Razzetto, Massimo Morettini, insomma una nuova guardia pronta a scavalcare la generazione Vincenzi-Burlando. A questi l’ingegnere-presidente della Regione si rivolge, chiedendo che gli trovino un successore in Regione e che rilancino il partito. E quando mai negli ultimi sei sette anni Burlando aveva rivolto le sue attenzioni al partito? Del Pd nuovo di zecca non aveva mai frequentato riunioni e vertici e neppure corridoi segreti, osservando tutto dal quarto piano del palazzo regionale, in quel luogo che una volta era nella piazza De Ferrari di mezza storia genovese e ligure, l’ombelico del mondo dei trasporti: c’era la sede della Compagnia di Navigazione Italia che faceva viaggiare la flotta di Stato verso le America e l’Asia.
Era, quel palazzo, un po’ come è stato negli anni Novanta l’aereoporto di New York. Di lì si partiva per viaggiare il mondo. Oggi invece ci sono gli uffici regionali e il trono di Burlando, che si affaccia al suo balcone, davanti alla fontana dei caroselli anni Sessanta, 30 giugno, della polizia celere di Scelba contro i camalli della Culmv, e immagina il suo futuro, unico leader politico genovese ad avere attraversato come una salamandra il fuoco della Prima Repubblica, lo sconquasso della Seconda, le stanze del potere romano, i troni della Repubblica genovese e ad affacciarsi nella terza, quella della rottamazione alla quale, ovviamente, lui si è iscritto per primo.