GENOVA – Nelle strade di Genova, Sergio Cofferati, a tre giorni dalle sue dirompenti dimissioni dal Pd, che insieme ad altri 44 dirigenti aveva fondato, non fa un passo senza essere fermato, complimentato, salutato, riverito da un popolo indistinto di sinistra, di ultrasinistra, di media sinistra, ma anche di destra, liberali, postdemocristiani, gente qualunque e vip della città e della Regione. E chiamate da tutta l’Italia, come se da Genova fosse partita una piccola scossa di terremoto.
Il telefono trilla da tutta Italia, ora lo cercano tutti, Figaro qua, Figaro là….come il Barbiere di Siviglia, capolavoro dell’opera che lui, il “cinese”, ama tanto, forse anche di più della politica. Telefona Santoro, chiama Floris, chiedono una partecipazione anche quelli di Ballarò.
“Una reazione così non me la immaginavo proprio quando è cominciato tutto, certo pensavo che sarei sceso in campo e avrei cercato di mettere le mani in quel barattolo lì della politica per tentare di cambiarla e soprattutto il modo di farla e calcolavo le difficoltà, ma chi si immagina tutto questo, tutto quello che mi ha portato a andarmene……..”
ti dice senza sorridere Cofferati Sergio, 66 anni, dieci da leader della Cgil, cinque da sindaco di Bologna, sette da eurodeputato nell’area Nord Occidentale, un mese e mezzo da candidato alle fatali Primarie liguri.
Cammina un po’ rigido nella folla genovese dei saldi il cinese per colpa della spalla fratturata e ingabbiata da due settimane nel tutore ed è dimagrito un bel po’, con il braccio destro imbragato. Questo andirivieni tra Genova, Bruxelles, Strasburgo e la Liguria battuta in largo e in lungo nella campagna elettorale primaria più incendiaria mai vista lo ha ben ben affilato nel fisico, ma anche nella verve politica.
Sono state le Primarie dove il Coffe è stato sconfitto per 4 mila voti dalla pulzella del presidente uscente Claudio Burlando, la bella Raffaella Paita, 40 anni di La Spezia, una renziana della seconda ora, una ex figiciotta dall’intenso percorso amministrativo politico.
Sono state Primarie dove la Commissione dei garanti Pd ha annullato il voto di 13 seggi e quasi 5 mila voti conseguenti per gravi irregolarità, dove la magistratura penale e l’Antimafia hanno aperto indagini esplosive, con esiti ancora “coperti”, ma che potrebbero far deflagrare quelle stesse Primarie, intorno alle quali ora tutto il Pd ligure e nazionale si affannano come su un tavolo operatorio nel quale giace un malato grave, gravissimo, appunto il Pd. E tutto alla vigilia del voto per il Quirinale e per la legge elettorale, l’Italicum.
“Mi sarei dimesso dal Pd anche se avessi vinto, anche se capisco che è facile dirlo dopo avere perso “,
racconta il “cinese”, seduto sul sofà della sua casa genovese, tre passi dalla stazione ferroviaria Brignole, in un pomeriggio che finalmente sembra inverno e non la macaja maledetta che ha ammorbato anche la stagione dei veleni a sinistra di una politica che sembra sempre più malata.
“ La mia scelta è stata per ragioni etiche e politiche non certo perché ho perso”
spiega senza neppure indignarsi troppo, ma mostrando il messaggino Sms che gli ha spedito Deborah Serracchiani, la superdirigente Pd, che gli ha sparato addosso per prima quell’accusa di non saper perdere e che via sms gli chiede scusa, ammettendo di avere sbagliato, quando in pubblico e di fronte a tutto il Pd tratta l’ex segretario generale della CGIL all’inizio del Millennio come un bambino che batte i pugni, rompe il giocattolo perché l’amichetto glielo ha portato via.
Cofferati è ancora offeso per quello che ha visto fare nella campagna elettorale “primaria”, per l’ inquinamento del voto, per il tentativo politico di trasformare la consultazione “interna “ in un anticipo di larghe alleanze, di intese aperte al di fuori del Pd, verso la destra, per l’orrendo spettacolo delle liste dei “poveri” immigrati assoldati e fatti votare nei seggi democrat, per le adesioni sfrontate dei leaderucoli locali del centro-destra alla candidatura della Paita, per l’imprintig all’operazione stampato da un ministro della Repubblica e del governo, la genovese Roberta Pinotti, spedita da Renzi a consacrare l’operazione ligure.
“Non mi aspettavo tanto”
ripete Cofferati, compitando quasi le violazioni che sono state commesse nel voto dell’ 11 gennaio in Liguria, un successo di partecipazione, è vero, con quasi inattesi 55 mila voti, ma a un prezzo che non si sa ancora quale sarà per il Pd, che ora le sue dimissioni lacerano. Racconta ancora Sergio Cofferati come affondando il coltello:
“Burlando e la sua candidata Paita avevano un disegno preciso, conservare il potere, per questo erano partiti già da un anno e mezzo con una campagna elettorale a tappeto, cancellando praticamente il ruolo della giunta regionale, il ruolo degli altri assessori, annullati, scomparsi mentre la coppia fatale volava da un angolo all’altro della Liguria, caricando di deleghe solo lei la prescelta e non dimenticando nulla sul territorio. Ora sono in una bella strettoia, perchè la conclusione di queste Primarie è ancora aperta. Sono a un bivio: potrebbero essere confermate le larghe intese con le quali hanno fatto entrare in gioco il Nuovo Centro Destra, ma anche i cosidetti scajolani, i post fascisti, i teologi e gli intellettuali di una Destra anche estrema, magari non indicati direttamente con le sigle di partito, ma con i nomi delle persone, quelli sì che ci sono. Ma se poi gli accertamenti giudiziari e anti mafiosi fanno emergere responsabilità o intrecci pericolosi cosa fanno? Oppure, seconda strada, il Pd boccia questo allargamento e allora succede uno sconquasso, dopo tutte le promesse fatte. Davanti al voto resterebbero soli con il Pd, meglio con una parte del Pd e così rischiano di affrontare le elezioni?”
Il segretario regionale Giovanni Lunardon sostiene che oggi bisogna discutere nel partito di queste alleanze. Mentre ieri si impennava davanti alle intrusion di Destra nelle Primarie! A che conclusione arriviamo? Cosa decideranno: che non si fa più parte del centro sinistra?
“Non capisco, veramente non capisco più in generale cosa è successo. Dopo le Primarie di Napoli, nel 2011, Bersani annullò tutto per irregolarità in tre seggi. Oggi davanti a migliaia e migliaia di voti inquinati, a una contaminazione come questa, a 23 seggi cancellati dai garanti, davanti alle indagini mafiose e giudiziarie, il Pd si è girato dall’altra parte.”
Si è girato dall’altra parte fino a quando Cofferati non ha fatto il grande gesto, ha strappato e ha annunciato che lasciava il suo partito per un fatto “etico e politico”. Questo silenzio, questo quasi isolamento, non di una comparsa della vita politica italiana, ma di un personaggio del suo calibro, sono forse il secondo boccone amaro che il “cinese” non manda giù. “Segnalavo tutti i giorni a Deborah Serracchiani e a Lorenzo Guerini le irregolarità che avvenivano nella campagna elettorale, mandavo articoli di giornali, documenti, a Roma perché immaginavo che informazioni magari così locali non arrivassero al centro. Non mi hanno mai risposto e neppure lo hanno fatto quando sono esplosi, quel giorno, gli scandali dei seggi, le intrusioni, le fila degli immigrati spediti a fare quello che non sapevano cosa fosse. Silenzio. Nessuno reagiva. Sa quando ho sentito per la prima volta Guerini, il vice segretario nazionale? Il giorno prima che annunciassi le mie dimissioni. «Mi hanno detto che hai questa intenzione…..» ha telefonato, cercando di farmi desistere. «…parliamone…» ha aggiunto.”
Viene spontaneo credere: non avranno mica sottovalutato le Primarie in Liguria, presi come erano da tante emergenze, le riforme, le battaglie del Quirinale e della legge elettorale? Cofferati risponde quasi con uno scatto:
“ Quale sottovalutazione? Se così fosse, non avrebbero mandato un ministro, appunto la Pinotti, a sottoscrivere il programma delle alleanze, l’allargamento agli esterni, l’apertura a Destra….”
Dopo tutto quello che era successo e che ora Cofferati, ancora più severo nella sua postura bloccata, quasi compita, elencando i personaggi “ingaggiati” per correre a votare Paita, Alessio Saso, indagato per voto di scambio, ex fascista, oggi del NCD, Franco Orsi, l’ex vicepresidente della giunta ligure, berlusconiano doc, che lasciò una cerimonia del XXV Aprile perché dissentiva dal presidente Oscar Luigi Scalfaro, lo storico revisionista Arrigo Petacco, che nelle sue opere ha diluito le responsabilità di Benito Mussolini…
“Hanno violentato principi fondanti del nostro partito, hanno rotto valori incancellabili, hanno introdotto una novità stravolgente, per questo me ne sono andato” ripete ancora Cofferati.
E ora che fanno? “Denigrano e insultano e dopo aver detto che mi sono dimesso perché ho perso, mi chiedono di lasciare il seggio di eurodeputato. Con quale coraggio? Ho preso 120 mila preferenze alle Europee e non saranno stati tutti voti miei, di Sergio Cofferati, in parte anche dal Pd, ma sono, comunque, preferenze e sono stato eletto con quelle, mica ho conquistato il seggio europeo con una lista bloccata, come quelle grazie alle quali loro siedono, se ci siedono, in Parlamento. Guardiamo alla storia recente del Parlamento Europeo ….Ci sono casi come quello di Andrea Romano o di Gennaro Migliore che sono arrivati al Pd da altri partiti e quelli mica si sono dimessi e a nessuno di quelli arrivati in Europa con il passaggio da liste civiche è stato chiesto poi di dimettersi…..”
Insomma, Cofferati, perchè allora con tutti questi precedenti a lei chiedono come gesto di coerenza di dare le dinissioni, di mollare il seggio e i suoi benefit?
“Per un sovraccarico di paura, perché hanno paura che il mio strappo e le mie denunce facciano apparire il Pd per quello che è in questo momento almeno in Liguria, ma anche altrove, una macchina di potere, di conservazione del potere.”
Sono accuse durissime, uno strappo violento che mette a soqquadro non solo il Pd, ma l’intero quadro politico, che spinge personaggi “forti” come Maurizio Landini, il potente e dirompente segretario della Fiom a chiedere su “Il Corriere della Sera” a Cofferati di diventare lo Tsipras italiano, il leader di quella Sinistra-Sinistra che tutto questo bailamme potrebbe far nascere o sta per far nascere effettivamente.
Cofferati la domanda se la aspetta e l’ha già metabolizzata e smitizza questa attesa e questa ansia che lo circondano con quell’understatment che non è inglese, ma un impasto di esperienza politica e sindacale.
Sta fermo e quasi impassibile con quel braccio destro e la mano che spunta in fondo, semi coperta, e non può neppure lisciarsi la famosa barba.
“Prima di tutto metterò in piedi l’Associazione Culturale, che diventi uno strumento per i tanti che mi hanno dimostrato stima e fiducia. Ci vogliono strumenti di democrazia con principii importanti…….ciò che temo di più oggi è il non voto e l’incomprensibile atteggiamento di chi non si rende conto di cosa significhi il crollo del voto, il deserto progressivo alle urne. Il caso dell’Emilia Romagna è come stato rimosso. È stato rimosso che in una Regione come quella quasi il 60 per cento non è andato a votare……È incomprensibile questa leggerezza.”
Suvvia Cofferati, perché non confessa che lei si metterà a capo di un nuovo partito? Sergio Cofferati risponde con un po’ di sarcasmo:
“È dai tempi della Cgil che mi attribuiscono questa intenzione. Dicevano che volevo fondare il partito del lavoro….. Non fondo nessun partito, aspetto le evoluzioni di questa situazione così complicata. Aspetto anche la conclusione della vicenda delle Primarie liguri, perché sono convinto che succederà ancora qualcosa……”
Che sia anche un po’ mefistofelico il “cinese”, nel senso proprio del termine di chi aspetta che il cadavere del suo nemico passi sul fiume?
Lui ti risponde raccontando dell’ultima volta che ha sentito Renzi, appunto il suo “nemico”, ben prima che tutto questo succedesse.
“È stato all’epoca dello scontro duro tra lui e la Cgil, delle accuse violente, dei toni pesantissimi. Ho scritto a Giorgio [Napolitano] e gli ho chiesto di intercedere perché i toni almeno si abbassassero. Ho saputo che il presidente aveva subito spedito la lettera a Renzi. E sapete quando lui si è fatto vivo? Proprio la mattina della grande manifestazione dello sciopero generale mi ha telefonato……Che sensibilità. Poi non l’ho mai più sentito.”
Rimane ancora molto in gola al Cofferati dello strappo più grande che i postcoministi, diventati alla fine Partito Democratico, hanno subito almeno sul piano delle rotture personali.
“Quando ho incominciato a schierarmi nella campagna per le Primarie sono stato molto leale. Guerini mi aveva chiesto di non trasformare la contesa ligure in un caso nazionale. E sono stato fedele anche se avrei potuto entrare in temi caldi come il jobs act, verso il quale la mia lunga storia personale e professionale mi portava eccome…..Sono loro che hanno fatto della Liguria un caso nazionale, massacrando le Primarie, distruggendo uno strumento democratico. E ci proveranno ancora, me lo aspetto, per esempio in Veneto.”
Già, ma le grandi emergenze nazionali, quelle che possono rimpicciolire la vicenda ligure, seppure oggi ingigantita dal caso Cofferati, come le vede lui che, improvvisamente, viene proiettato di nuovo su una ribalta nazionale, dove non ci sono embarghi regionali, ma anzi posizioni nuove di leader a tutto tondo?
“Il Quirinale sarà un grande banco di prova, anche perché le convergenze tra Forza Italia e Pd sono molto più difficili del previsto: il profilo del candidato ideale potrebbe non suscitare convergenze concrete e quindi si potrebbe dover ricorrere a schieramenti inediti, con le conseguenze del caso. Anche l’Europa è alla vigilia di scelte-chiave. Se in Grecia vince Tsipras e allora tutto può cambiare, perché il leader greco ha già annunciato che lui non vuole uscire dall’euro, ma vuole nuove regole di ingaggio. E allora l’Ue non potrà procedere, come ha fatto con noi, con questa finta flessibilità in cambio di una maggiore tolleranza sul debito. Tsipras chiederà di negoziare diversamente non sul debito, ma sulle regole, che valgono per tutti…….”
Tsipras lo ha nominato Cofferati e il ragionamento apre qualche luce anche sul suo riserbo rispetto al proprio futuro. Chi lo sa?
È tardi e domattina il cinese con la sua imbragatura alla spalla ferita che ora sembra una corazza da nuovo guerriero, ha un aereo quasi all’alba per Bruxelles, appunto il cuore dell’Europa, da dove gli chiedono di andarsene e dove, però, il senso del dovere e delle prospettive politiche veramente “larghe” lo chiamano.