Si arriva così fino ai giocatori dell’inizio di questo campionato, l’argentino Pratto, soprannominato per la sua andatura “Il Cammello” e Caracciolo, denominato per i suoi voli che i genovesi non hanno mai visto l’Airone. Ridotti al Cammello e all’Airone, non in uno zoo, ma in un campo di calcio i tifosi rossoblù si sono strappati i capelli e il presidente Preziosi, in quel deserto da cannonieri, ha scucito la borsa ingaggiando il suddetto Gilardino, un bomber da 147 gol in serie A, quello che segna e poi si inginocchia a mimare il suono del violino. Alla prima partita, appunto quella di Cagliari anche il violino ha steccato, senza che l’orchestra degli altri giocatori gli facesse da sfondo per i suoi acuti e Preziosi è piombato a Pegli furibondo-triste, per l’ennesimo insuccesso ed ha pure ammesso quello che fino ad ora non aveva mai ammesso: “Forse mi sto un po’ rincoglionendo: credevo di avere una squadra forte e invece…” .
In realtà il Joker, presidente funambolico, con quel tocco da Re Mida sul mercato sembra da anni, proprio come dice Mario Sconcerti, obbligato a cambiare. Ha licenziato in tronco Gasperini Giampiero, l’allenatore di Grugliasco che aveva riportato il Genoa in A dopo dodici anni, facendolo giocare come in paradiso, dopo cinque anni e un lungo conflitto tra di loro che erano come cane e gatto o come i ladri di Pisa, si odiavano, ma poi si mettevano d’accordo, accusandolo di eccesso di presunzione e di decisionismo.
“Decido di pancia” _ aveva spiegato raccontando che la sua pancia gli suggeriva di cambiare. E di pancia, ma probabilmente anche di portafoglio ha deciso di dirottare al Milan il fenomeno Boateng Prinze, che aveva sgraffignato dopo gli exploit mondiali, senza neppure fargli toccare la maglia rossoblù, ha spedito in turchia Ferrari un difensore centrale maestoso e potente, che si faceva incantare dalle sirene dei soldi turcomanni, non ha fatto nulla per fermare l’enfant del pays Domenico Criscito volato nelle Russie anche lui per dineros, si è spogliato dei due difensori centrali più giovani e promettenti come Bonucci e Ranocchia, cedendoli a Agnelli e Moratti, campioni in erba. Non si è neppure voltato a guardare andar via Bocchetti e Papastatopulos, due altri terzini un po’ acerbi ma molto promettenti. Non è che stava mani in mano a vedere il suo parco giocatori svuotarsi, Preziosi, ma cercava sembra di rimpiazzare in un tourbillon frenetico da grand hotel, gente che va gente che viene, giocatori che vanno e giocatori che vengono, sempre con l’occhio voglioso per il supercolpo come quelli iniziali di Milito e Borriello e Motta, presi per due palanche e rivenditi a decine di milioni di euro.
E così sono arrivati in tanti non solo centroavanti da overdose, altri, come il ceko Kuzka centrocampista-ruspa, che sembrava una iradiddio e quindi opzionato dopo tre mesi dall’Inter, ma che poi ha fatto un flop improvviso ed ora si becca la censura del presidente che non riesce neppure a vederlo giocare nella sua squadra e lo sentenzia così : “Quello altro che nell’Inter, non può neppure giocare nell’InterNapoli, squadra di divisione dilettanti in Campania. Insomma a Preziosi le ciambelle hanno incominciato a non riuscire più con il buco, come capitava negli ultimi anni. E gli è successo anche con gli allenatori come l’esperto Malesani, quello del fattore C, che ha licenziato alla vigilia di Natale dopo le sei sberle di Napoli e in precedenza l’ermetico Ballardini che aveva condotto la squadra dopo Gasperini in un onesto fine campionato 2010-2011. Per ora la coazione a cambiare ha un po’ drogato il mercato genoano innestando una giostra che non si ferma più. Forse.
Nella Samp la giostra, invece, è piuttosto un tunnel buio nel quale non si vedono luci dopo il caso Cassano e la sua cacciata dal giardino di Bogliasco. Lì non c’è un joker decisionista che sconvolge il mercato azzeccandole e poi facendosi prendere la mano dalla posta e dal gioco. Lì c’è una famiglia proprietaria, i Garrone , tifosa ma non tanto conoscitrice del calcio che aveva trovato in Marotta, attuale general manager della Juventus, un superdirigente capace e autorevole che aveva le chiavi in mano della società e della squadra e che si era inventato il miracoloso acquisto di Cassano dal Real Madrid e poi l’accoppiata con il bomber Pazzini, proiettando la Samp in cielo.
Ma poi, sparito Marotta, la passione sincera dei Garrone, padre Riccardo e del figlio Edoardo, non si più coniugata con una dirigenza all’altezza. E la Samp è finita nel buco nero, spendendo e comprando anche il fior fiore della serie B, quando vi era precipitata, ma non trovando più l’animus pugnandi, né in A, né in B, in un declino quasi inspiegabile. Così Bogliasco è diventato un fortino presidiato dalla Polizia e Marassi quando giocano i blucerchiati una specie di arena dove i giocatori Samp sono le vittime sacrificali, non dei leoni affamati, ma degli avversari e del pubblico.
E il cielo di Marassi è sempre più pulito, senza macaja come verrebbe meno alle antiche analisi del Brera e sempre più carico della furia tifosa che rimbalza da una gradinata all’altra senza confini di colori e _ quel che è più triste per lo spettacolo_ senza più i derby tra le due squadre cittadine, che davano un po’ di senso anche a campionati magari depressi come questi. Andavi male e vincevi il derby con i cugini. Bastava quello per salvare la stagione. Ora genoani e sampdoriani si guatano da lontano. Leccandosi le proprie ferite, senza poter troppo consolarsi con quelle degli odiati cugini.