E il destino ha messo sulla strada della battaglia tra dinasty l’innocente domanda di ammissione allo Yacht Club delle figlie di Giorgio, Fernanda e Rossella. Chi ha armato il complotto salottiero-nautico per dare uno schiaffo alla famiglia-denunciante? Novi, che è stato il presidente dello Yacht Club per dieci anni, potente e autorevole, l’inventore delle famose Tall Ships, i raduni delle “Vele d’Epoca”, ha smentito secco con un comunicato: “Nessuna manovra contro le giovani Messina. Non c’entro con i voti “neri”, i Messina avranno pagato i loro errori.”
Il presidente attuale dello Yacht Club, Carlo Croce, figlio di Beppe Croce, il mitico ambasciatore della vela italiana nel mondo, intimo di John Kennedy, scomparso molti anni fa, si è chiuso in un doveroso silenzio. Il Circolo non è abituato a ospitare regolamenti di conti per vicende che non siano collegate alle regate, alle eleganti cerimonie che si svolgono nei salotti del Club. Peggio non poteva succedere, che la tempesta Novi-Messina si trasferisse dall’aula giudiziaria, dalla banchina portuale, dal famoso Multipurpose, il molo della maledetta spartizione che ha causato tutto, al Circolo, dove, appunto, si parla sottovoce.
E allora chi è stato?
Genova si finge scandalizzata per il troppo clamore mediatico della vicenda: in fondo una bocciatura di due aspiranti soci o socie nell’ammissione a un circolo è un fatto marginale ed ha illustri precedenti non solo allo Yacht Club, ma anche nell’altro Circolo “in” della città, il Tunnel della fantasmagorica via Garibaldi, che nautico non è ma dove molti big pretendenti soci sono stati impallinati e affondati solo perchè, magari, sgomitavano un po’ nella società genovese, così abituata a un grigio understatement.
Ma non è certo solo questione di eccesso mediatico. La bocciatura delle figlie del rimpianto Giorgio Messina, sicuramente il più acuto della ruvida dinasty, non poteva non essere registrata e non poteva non scatenare la conta segreta dei fedifraghi impallinatori e dei loro registi più o meno occulti, quelli che non hanno perdonato ai Messina le denunce pesanti. Certo: si poteva prevedere che questa tempesta sarebbe scoppiata e magari con un po’ di saggezza diplomatica, quella che manca da tempo nelle stanze di quell’antico e un po’ perduto understatement genovese, si poteva evitare lo scontro sulle due mancate socie innocenti.
E’ l’altra tempesta, quella vera, che si è abbattuta sulla Jolly Amaranto, che non si poteva evitare con le onde altre tredici metri e l’equipaggio legato sul ponte in attesa della salvezza nel mare d’Egitto a 170 miglia dalla costa.