E ci sono voluti, sopratutto e miracolosamente in piena zona Cesarini, il governo Monti e il ministro dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture Corrado Passera per dare la spinta iniziale ai lavori.
A quattro giorni dal suo insediamento il governo dei tecnici in generale e Passera in particolare hanno fatto finanziare dal Cipe il secondo lotto dell’opera, per un miliardo e cinquecentomila euro (il primo lotto di 750 milioni era già stato stanziato dal governo Berlusconi). Di fronte a una spesa globale di 6 milioni e mezzo di euro per l’intera opera. Questo è il costo per costruire il Terzo Valico in un tempo che oscilla tra gli otto e i nove anni, ma procedendo con segmenti considerati utili uno per uno (denominati lotti funzionali), per non incorrere nei fulmini della Corte dei Conti, i cantieri hanno potuto aprire.
C’è chi dice che quella piccola galleria alle spalle di Arquata Scrivia, dove gli operai hanno incominciato a lavorare potrebbe essere l’inizio del primo Grande cantiere della Ricostruzione Italiana. Quale occasione migliore? Il progetto è definitivo, il General Contractor è pronto, gli accordi con Rfi, cioè le ferrovie sono firmati, i soldi per partire sono garantiti e c’è un vincolo già consacrato per i prossimi lotti, l’Europa lo vuole, anzi lo pretende. Che manca?
In una intervista di sei mesi fa il Commissario straordinario dell’Opera Lupi aveva precisato che, a lavori iniziati, si sarebbe dovuti partire con 500 assunzioni immediate per gli assetti logistico-legali-tecnici, senza contare gli operai delle aziende che vinceranno gli appalti per costruire la linea. Migliaia di posti di lavoro da oggi fino al 2020. Un miraggio?
Dopo Arquata Scrivia toccherà ai cantieri della Val di Lemme dove i “padri fondatori” dell’opera, d’accordo con l’allora ministro dei Trasporti, il genovese Claudio Burlando, avevano fatto scavare il “foro pilota”, in pratica un test del pezzo di tunnel più importante, quello che sbucherà quasi a Novi Ligure, provincia di Alessandria, dopo 35 chilometri di buio. Gli altri cantieri da aprire subito, alle spalle di Genova saranno propedeutici all’opera, strade, collegamenti per raggiungere le zone di scavo e per allestire i campi base dell’operazione che ospiteranno gli operai e i tecnici.
Comuni interi, come quello di Voltaggio, nel cuore dell’Appennino, cambieranno faccia ed economia, con l’arrivo dei cantieri. Succederà un po’ come in quei villaggi del vecchio West americano dove si costruiva la ferrovia e dove scoprivano le miniere d’oro. Questo è anche un po’ il timore del territorio dove gli ambientalisti e i governi locali stanno per schierarsi “contro” non con la forza e le intenzione dei no Tav della val di Susa, ma con propositi non certo pacifici.
L’opposizione al Terzo Valico ha sempre osteggiato, sostenendo l’inutilità dell’opera sia per il traffico merci che per quello dei passeggeri e sventolando uno sconquasso ambientale provocato dallo scavo di milioni e milioni di metri cubi di terra. Dove metteranno il materiale di scavo che uscirà dal tunnel? Il commissario e il General Contractor hanno già in mano la mappa, controfirmata dalla Regioni Piemonte e Liguria dei “siti” che ospiteranno il cosidetto “smarino”, il materiale scavato. Servirà a riempire una colossale discarica nell’immediato entroterra genovese e sopratutto a consentire importanti riempimenti nel porto di Genova, dove sono previsti nuovi moli e nuove banchine.
In fondo è lo stesso scopo: più moli, più banchine, più merce da sbarcare e poi da trasportare via, non più intasando autostrade e varchi dello scalo genovese, ma facendo viaggiare i nuovi treni su e giù per il Terzo Valico. Che i genovesi aspettano da 100-110 anni e che hanno visto inaugurare troppe volte inutilmente, per non essere oggi, all’inizio del 2012, almeno un po’ scettici. Ma se tutto ricominciasse proprio da qua, da quella galleria da presepe dietro Arquata, dove le tute bianche degli operai si muovono come piccole formiche?