Ho ricordato Tantawi negli ultimi giorni, dopo gli esiti elettorali parziali egiziani. I Fratelli musulmani, come è noto, hanno trionfato al Cairo, ad Alessandria ed in altre città minori.Insieme con loro si sono imposti i salafiti di obbedienza wahhabita. Uno di questi, oscuro agitatore venuto in evidenza dopo la “primavera egiziana” presto mutatasi in autunno con la promessa di gelare le speranze degli ingenui manifestanti di piazza Tahrir, ha lanciato una specie di fatwa contro il più grande scrittore egiziano contemporaneo, Nagib Mahfuz, premio Nobel per la letteratura, morto nel 2006.
È stato accusato di ogni nefandezza: oscenità, ateismo, corruttore dei costumi, incitamento alla promiscuità ed alla prostituzione. Sembra strano, ma nell’Egitto in cui a tutte le ore del giorno e della notte ho sempre incontrato, soprattutto quando mi perdevo nei vicoli del Kanal al-Kalili, splendide donne che non avevano bisogno di essere protette, che affollavano i piccoli bar attaccate ad un narghilè o ristorantini profumati di spezie, sole e ondeggianti il capo al suono di un oud accompagnato dall’ossessivo ritmo di un darbuka, è incredibile che i romanzi di un narratore osannato universalmente, gloria non solo dell’Egitto, possano essere deturpati dalle parole di un ignorante che probabilmente neppure in una madrassa troverebbe ricetto.
Se questo è oggi il Paese che si avvia a snaturasi, che Nasser, Sadat e Mubarak, per quante responsabilità gli si possano addebitare, hanno comunque cercato di preservarlo dalla turpitudine fondamentalista, c’è di che essere preoccupati. Probabilmente non attenderemo neppure il terzo turno elettorale, quello che precede il voto per la formazione della shura (consiglio consultivo o camera alta) e poi l’elezione del presidente della Repubblica, sempre che la giunta militare lo permetta, per vedere messo all’indice “Palazzo Yacubian” della nuova stella letteraria egiziana, Alaa Al Aswany, i cui protagonisti sono gay, drogati e puttane oltre che arrivisti senza scrupoli, spaccato impietoso di una società complessa come tutte le altre e ricca di contraddizioni.
Dove finirà l’umanità egiziana descritta da Mahfuz se i barbuti s’impossesseranno delle leve del potere? E che ne sarà dei cristiani che già temono per la loro incolumità e per la libertà di cui pure in frangenti torbidi hanno goduto?