Comprendo tutti i fastidi e le proteste per i modi, le forme e le parole d’ordine che hanno segnato l’iniziativa della destra a Bologna, ma l’evento è destinato a lasciare un segno profondo nella politica nazionale.
In primo luogo bisogna prendere atto che la destra ha definitivamente abbondanato i lidi del partito popolare e ha deciso di correre sotto le bandiere di Salvini e di Le Pen.
Un Berlusconi, stanco e ripetitivo, ha dovuto inchinarsi di fronte al simboli della Lega e riconoscere il primato di Matteo Salvini.
Nelle prossime ore tenterà di spiegare, giustificare, correggere, rassicurare gli alleati europei, con i quali aveva appena ritrovato un filo di dialogo, ma, al netto delle capriole, non potrà più tornare indietro.
Perderà qualche altro pezzo, ma questo lo aveva già messo in conto.
Del resto chi ha il vizio di seguire le sue tv e leggere i suoi giornali, aveva capito, e non da oggi, che quella sarebbe stata la strada obbligata.
Da mesi i cosiddetti programmi di intrattenimento e le piazze mediatiche di proprietà dell’ex cavaliere, hanno sposato i temi più cari a Salvini: la paura, l’ordine pubblico, l’odio per lo straniero…
L’alleanza potrà contare sull’attivismo territoriale e televisivo di Salvini e sul patrimonio personale e mediatico dell’altro socio, una miscela da non sottovalutare.
Da mesi, accanto al Berlusconi dialogante e in versione “Zio della patria”, si odono le voci di una destra radicale, lontanissima dalle parole e dalle azioni della Merkel e dei conservatori inglesi,francesi, spagnoli.
Questa intesa, maturata durante le ultime ragionali sull’asse Liguria, Lombardia,Piemonte, è destinata, tra un litigio e l’altro, a rinsaldarsi.
Naturalmente questa alleanza a trazione leghista innescherà nuove fratture e nuovi abbandoni, una parte dell’elettorato e dei gruppi dirigenti se ne andranno verso Matteo Renzi, ma saranno gruppi ristretti, almeno sul piano del consenso popolare.
Questa alleanza Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, in rigoroso ordine gerarchico, punterà non solo a contrastare Renzi, ma, anche e soprattutto, a sottrarre voti a Beppe Grillo, anche se i 5 stelle appaiono più credibili nella raccolta del malessere sociale ed etico, rispetto a chi deve portare sul groppone condanne, inchieste aperte, amicizie pericolose.
Che piaccia o no, questa destra può contare su un bacino di voti, e di consenso, dormiente, in grado di insidiare Renzi, che, a sua volta, non potrà che accentuare la corsa verso il partito della nazione, nel tentativo di intercettare quegli elettori che potrebbero non gradire la genuflessione di Berlusconi di fronte alle camice verdi.
Questa rincorsa aprirà uno spazio anche a chi vorrebbe costruire una nuova formazione a sinistra, come per altro sta accadendo, con alterne fortune, in Grecia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, anche in questo caso sbaglia chi pensa di liquidare il nuovogruppo “Sinistra” a colpi di battute da avanspettacolo.
Il riposizionamento della destra imporrà una riflessione anche ai 5 stelle, che perderanno il monopolio della protesta e saranno costretti a definire il progetto politico e non potranno più sfuggire al tema delle alleanze, soprattutto in sede locale.
L’assalto a Bologna è sicuramente fallito, le “Zecche rosse” non sono state annientate, e le contraddizioni della destra non sono state certo cancellate, ma da oggi la dialettica politica non sarà più la stessa e neppure le alleanze, dentro e fuori il Parlamento, in Europa e in Italia.
Chi avrà la capacità di andare oltre la demonizzazione degli avversari e l’invettiva di giornata, avrà qualche possibilità in più di resistere e di esistere, e magari di dare persino qualche risposta ad un malessere che rischia di travolgere le stesse istituzioni democratiche.