ROMA – Chi lo ha detto che la politica non sia attenta ai temi della libertà di informazione e del diritto di cronaca? Proprio mercoledì 25 maggio 2016, nella sede della Commissione Giustizia del Senato, è stato presentato un testo che prevede nuove norme e inasprimento delle pene e del carcere per quei cronisti che dovessero incorrere in una condanna per diffamazione aggravata dalla possibile ritorsione. La pena sarà inasprita se e quando la diffamazione dovesse riguardare giudici e amministratori locali.
Dal momento che non abbiamo mai rivendicato la libertà di diffamare, figuriamoci se invochiamo la libertà di ricettare, di ricattare, di promuovere vere e proprie organizzazioni criminali che si propongono di condizionare un appalto o una delibera.
Per altro queste norme già esistevano, sono state inasprite e scritte in modo tale da potersi prestare ad interpretazioni estensive ed utilizzabili a fini impropri e ulteriormente limitativi del diritto di cronaca.
Quello che colpisce, tuttavia, non è tanto la presentazione di questa proposta, ma il gravissimo silenzio che circonda l’annunciata legge sulla diffamazione, l’abrogazione del carcere per i cronisti, il contenimento delle cosiddette “Querele temerarie”, la definizione del foro competente per i querelati che potrebbero essere costretti a non potersi difendere in modo adeguato dalle ripetere aggressioni di chi vuole colpire qualsiasi forma di giornalismo di inchiesta.
La contraddizione è evidente. Da un lato, costretti dalla Unione europea, Camera e Senato devono togliere la previsione del carcere per i reati di opinione. Lo stanno facendo, se mai l’iter parlamentare della legge sulla diffamazione andrà in porto, alla loro maniera, inserendo norme molto pesanti sul piano economico e normativo.
Nel frattempo il Governo ha trovato modo di depenalizzare il reato di ingiuria, conservando però il carcere per diffamazione e vilipendio. Si arriverà così all’assurdo che in Italia saranno in vigore due leggi che regolano il reato di ingiuria in modo diverso.
Non vorremmo che l’annuncio di nuove sanzioni fosse solo l’alibi per non rispettare gli impegni pubblicamente assunti dalle Autorità istituzionali e dal medesimo Governo.
Non vorremmo dover sospettare che queste leggi siano state bloccate per “ritorsione” contro quei cronisti che non hanno rinunciato a fare il loro mestiere e continuano a indagare su mafie, malaffare e corruzione.
Dal momento che si vogliono punire eventuali ritorsioni dei cronisti verso gli amministratori, quale aggravante si dovrà introdurre a carico di quei politici che, spesso, tentano di condizionare e disturbare l’attività del cronista?