ROMA – Era un ragazzo che aveva nel cuore la curiosità, la voglia di “Illuminare le periferie del mondo” di raccontare agli altri le oscurità e le contraddizioni di una realtà, quella egiziana dove la soppressione dei diritti politici e civili sta diventando la norma.
Nelle carceri di quel paese sono confinati intellettuali, scrittori, attivisti e giornalisti sgraditi al potere.
Giulio Regeni, oltre a studiare, collaborava con il quotidiano il Manifesto e, sotto pseudonimo, aveva scritto alcuni pezzi dedicati proprio al malaffare, alla corruzione, alle complicità tra delinquenti e potere politico.
Prima di morire sarebbe stato torturato.
Le versioni ufficiali sono talmente piene di contraddizioni e di omissioni che, anche una parte della stampa egiziana, si sta interrogano sulle possibili verità.
Il governo italiano, con il ministro Gentiloni, ha chiesto che sia fatta chiarezza, perché le ricostruzioni egiziane non convincono neppure la nostra rappresentanza istituzionale.
Per questo ci sembra giusto e doveroso unire la nostra voce a chi sta chiedendo verità e giustizia per Giulio Regeni, uno che credeva davvero nei valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione.
Da parte nostra chiederemo anche alle organizzazioni internazionali dei giornalisti di condurre un inchiesta sul campo per impedire che, passata l ‘emozione, cali il silenzio sulla tragedia.