ROMA – Pio La Torre, la politica come passione civile. Elogio di un servitore dello Stato. Non amiamo più di tanto i “Laudatores tempori acti”, quelli che vivono con la testa girata all’indietro e rimpiangono sempre una presunta età dell’oro che, per altro, coincide sempre con la stagione della loro giovinezza. Noi non ricordiamo età dell’oro, anzi ricordiamo stagioni intrise anche di violenza, terrorismo, guerre, malaffare che, dunque, non sono il segno distintivo solo di questa stagione.
Quello che, forse, manca oggi sono le grandi passioni civili, le alternative politiche ed ideali, le personalità capaci di incarnarle. Questo ci è venuto in mente ripensando ad un uomo come Pio La Torre, dirigente comunista, ammazzato dalla mafia il 30 aprile del 1982, insieme a Rosario Di Salvo, compagno di tante battaglie.
Furono ammazzati perché avevano dedicato la loro vita a contrastare le mafie, mentre molti altri avevano scelto di contrattare con essa e di guadagnare così favori, vantaggi, consensi. In quella stagione le campagne elettorali si facevano ancora girando i paesi, scontrandosi su temi quali la pace, i missili a Comiso, la lotta alle mafie, l’utilizzo delle terre incolte, la confisca dei beni dei corrotti.
In questi giorni, invece, nell’aria volano insulti, si cita a sproposito Primo Levi o la Shoah, si usano come clava i nomi di Hitler e di Stalin, i condannati osano insultare i loro giudici, alcuni poliziotti battono le mani ai loro colleghi condannati per aver contribuito alla morte di Federico Aldrovandi.
Allora, almeno in questo caso, ci sarà consentita una pausa nostalgica e il ricordo di due persone ammazzare perché “Servivano lo Stato”, invece di “Servirsi dello Stato”.