Vatileaks, Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi: qualunque cosa dovesse decidere il tribunale Vaticano il processo contro i due giornalisti, resterà una brutta pagina, tanto più perché scritta sotto il pontificato di Francesco che, per molti aspetti, ha rappresentato e rappresenta una rottura con un passato fatto anche di censura, negazione dell’esistenza, fastidio per qualsiasi forma di critica e di satira.
I due giornalisti hanno fatto il loro mestiere con correttezza e rispetto dei principi deontologici a tal punto che contro di loro non solo non è stata presentata alcuna denuncia, ma neppure una richiesta di rettifica.
Chi mai avrebbe potuto denunciarli, dal momento che le loro inchieste erano e sono il frutto di una lunga e minuziosa ricerca , di documenti autentici, di intercettazioni non contestabili e di materiale considerato autentico da tutte le parti in causa?
Nel caso Vatileaks c’è qualcuno che possa negare l’oggetiva rilevanza sociale delle notizie riportate?
Cosa avrebbero dovuto fare i due cronisti: bruciare il materiale, consegnarlo alle guardie svizzere, o magari venderlo al miglior offerente?
I loro libri possono piacere o meno, ma non vi è dubbio alcuno che abbiano rispettato leggi, norme e contratti, e che il frutto del loro lavoro non avrebbe dovuto essere sottoposto ad inquisizione di tipo alcuno, e per di più con un rito processuale che ha ricordato stagioni da dimenticare.
Il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione per insufficienza di prove per Fittipaldi e la condanna ad un anno a Gianluigi Nuzzi per ” concorso morale”
Noi, invece, ci attendiamo una assoluzione con formula piena, perché ” Il fatto non sussiste” e magari anche l’impegno ad importare, anche dentro le mura di Pietro, l’articolo 21 della Costituzione.