Solo la Libia sembra essere sfuggita allo schema piazza – transizione indolore – continuità senza eredi designati. Gheddafi sembra intenzionato non tanto alla risposta politica alla piazza in stile gollista, quanto a una repressione di stile sovietico, modello Budapest o Praga. Però quelli erano altri tempi, Yalta vigeva e l’Armata Rossa era qualcosa di ben più serio dei miliziani del colonnello libico.
La Libia è l’incognita e l’insipienza della politica italiana nell’ultimo mezzo secolo rende solo più elevato il pericolo.
Per il resto, due ultime note. La prima riguarda la nullità della politica estera europea, messa in un angolo dallo schiaffo dato alla sua stessa connazionale,Catherine Ashton, ministro degli esteri comunitario, di fatto umiliata dal viaggio del conservatore Cameron, forse perché lei è di sinistra, ma anche perché non sembra capace di esprimere una presenza europea che si faccia sentire. Certo, è andata a Tunisi, a parlare di rifugiati, ma sembrava un funzionario della Croce rossa o dell’Onu, non un leader politico.
Ora tutto quel che l’Europa sa elaborare è un piano di sanzioni contro la Libia. Ormai la storia ha insegnato che le sanzioni sono un provvedimento stupido quanto inutile, il cui prezzo è pagato soprattutto dai popoli, che non hanno certo la forza di ribellarsi ma solo il diritto di soffrire un po’ di più, se soffrono. Intanto i dittatori se la sono risi tutti, da Mussolini a Saddam. Sono cresciuto in una famiglia antifascista a Genova, nei primi anni dopo la guerra, quando la memoria delle sanzioni per l’invasione dell’Etiopia era ancora viva: ma non erano ricordate come sofferenza, solo come un gesto inutile da parte di inglesi e americani. Un vicino di casa, ebreo scampato ai rastrellamenti, ricordava la scemenza delle sanzioni: “Non mancava niente, a Mussolini non fecero un baffo”.
La seconda osservazione è ancora più amara e parte dall’isolamento dell’Italia nel sistema europeo, dimostrato dagli schiaffi in faccia che si è preso il ministro dell’Interno Roberto Maroni, quando ha voluto, magari strumentalmente ma con qualche ragione, porre il problema degli esodi dalla Libia verso le nostre coste. La causa di una cronica assenza del nostro governo, che non può certo essere imputata a Berlusconi.
Anzi, qui assistiamo ad uno dei tanti paradossi di Berlusconi, che da imprenditore è stato capace, prima di tutti e meglio di tutti, di capire l’importanza dell’alta burocrazia europea per la definizione di temi per lui vitali come gli affollamenti orari e giornalieri della pubblicità. Da capo di governo è stato solo capace di offendere gli altri capi di governo con lazzi e gaffes, inventandosi per giunta una sua personale politica estera, che sarebbe meritevole di maggiore attenzione, ammesso che ne siano capaci, da parte della sinistra politica e giornalistica, in alternativa a puttane e bunga bunga come motivazioni per mandare a casa, non per via politica ma giudiziaria, Berlusconi.
