ROMA – Quasi ovunque nei presidi volanti dei Forconi, volanti in ogni città, svincolo e autostrada, appare il cartello oppure lo striscione con sopra scritto: “9 dicembre, l’inizio della fine”. E’ lo slogan base dei Forconi, l’annuncio primario, il segnale di convocazione e riconoscimento. Ed è anche la bandiera da loro esibita, una data e un programma, l’inizio della fine appunto. Ed è anche un logo nel quale vanno a trovarsi un luogo quelli che inneggiano al Cile dei militari, quelli che “Viva il Re”, quelli che “aspetto il rimborso Iva”, quelli che “mio figlio non lavora e sta a casa a dormire”, quelli che “mi stanno staccando il gas”, quelli che lo “Stato si attacca sempre e comunque”, magari a marciapiedi divisi e paralleli, di là i fascisti, di qua i Centri sociali.
Ed è anche “l’inizio della fine” a suo modo una realtà. Infatti è proprio l’inizio della fine quando i campioni del sussidio di Stato, i primatisti dell’incasso dei soldi pubblici proclamano assedio e distruzione di Equitalia. Se Equitalia delendam est come Cartagine ad opera dei Romani, se sul Fisco abbattuto va poi sparso il sale perché nulla ricresca da quelle infami zolle, chi darà agli autotrasportatori, ai padroncini dei Tir quel mezzo miliardo all’anno di soldi pubblici che ogni anno incassano di sovvenzioni? E quando nessuno pagherà più le tasse chi pagherà i due terzi dei costi del trasporto pubblico, trasporto pubblico i cui dipendenti, da Genova a Firenze a Roma e a Napoli si sono alquanto “inforconati”? E gli agricoltori con i trattori, cioè il settore che da sempre incassa di più in aiuti e sussidi? E’ davvero l’inizio della fine quando i campioni del sussidio di Stato vogliono, reclamano, pretendono più sussidio e basta tasse. Qualcuno oserà loro dire che un po’, un bel po’ di quelle tasse, da decenni ci sono per sussidiare loro e proprio loro?
E’ davvero “l’inizio della fine” quando gli ultras da stadio si fanno polizia. Quando la banda da curva si intesta la tutela dell’ordine. Quando la clientela, sì la clientela, si fa anti Stato. Davvero l’inizio della fine quando gli auto organizzati martiri della delusione comandano la caduta del governo. Delusione di che? Della fine o dell’allentamento dell’aiuto di Stato alla clientela di riferimento. Davvero l’inizio della fine quando l’isteria privata e semi pubblica si traveste da disagio sociale, quella studentessa che grida alla “Costituzione violentata” a fianco alla madre sconvolta e irata perché il figliolo si alza tardi. Un comico, Ubaldo Pantani, ha già dato e reso la misura e il senso del “forconismo”: “Il tram arriva sempre un secondo dopo che ti accendi la sigaretta: e i politici che fanno?”.
E’ l’inizio della fine quando i “Boia chi molla” si fanno Costituzione. Sì, i “boia chi molla” 40 anni dopo, quelli dei moti popolari di Reggio Calabria, popolari ma comunque fascisteggianti, ieri come oggi. Quando le comparse e i figuranti di Santoro, Travaglio, Paragone, Del Debbio si fanno attori e niente meno che popolo. Quando comparse e figuranti continuano a recitare in piazza il talk-show della disperazione indignata. Quando si può invocare e predicare la rivoluzione, l’abbattimento dello Stato, il colpo di forza e di mano contro Parlamento, governo e ogni istituzione invocando la comprensione e la protezione della polizia. Davvero l’inizio della fine quando si può squadristeggiare a far chiudere bottega ei commercianti e a far spegnere motori agli automobilisti rivendicando di essere i veri “democratici”.
Sì, a suo modo è realtà “l’inizio della fine”. Di solito nella storia dopo questi “inizi” c’è una quasi scontata “fine”. Per arrivarci a quella fine ci vuole un qualche governo Facta. Per ora con il governo Letta c’è solo un’assonanza fonetica e qualche annuncio di idranti mai visti. Per ora, fino a quando qualche televisione non si prenderà l’immane fatica di contarli i Forconi in strada, decine, centinaia e mai di più. E fino a quando qualcuno al governo non prenderà i Forconi e se stesso sul serio. Cioè praticamente mai. Hanno ragione i Forconi, è l’inizio della fine ma loro non sono l’inizio, magari la fine sì, una qualche pezzente fine e non certo una fine in gloria.