ROMA – Si legge su La Repubblica: “Ancora una volta le lobby più potenti hanno la meglio sulla razionalitĆ economica. I farmacisti, i tassisti, i parlamentari e il sottobosco della politica locale e nazionale, ma anche le banche… La pressione corporativa che oggi si abbatte sulla manovra rischia di dimostrare che il problema non era solo Berlusconi”. Il problema non era solo Berlusconi: se lo si legge in prima pagina niente meno che su La Repubblica… E allora “chi” ĆØ il problema?
Forse Bossi e la sua Lega? Certo Bossi e la Lega dell’Italia se ne fregano e vantano di fregarsene dell’Italia. Non solo di quella geografica e tricolore, di fatto se ne fregano anche della possibilitĆ , del rischio che nessuno presti più soldi all’Italia, che tra due/tre mesi non ci siano soldi per pagare stipendi e pensioni. Se ne fregano i leghisti del debito e del default, nelle commissioni parlamentari votano contro leggi grandi e piccole che avevano firmato parlamentari leghisti quando la Lega era al governo. Un po’ si sono dimenticati di avercela messa quella firma, molto giocano a dispetto. La Lega ĆØ un problema, il problema di un partito a responsabilitĆ zero a caccia di popolaritĆ mille. Ma la Lega non ĆØ “il” problema.
Allora il problema ĆØ Di Pietro? Anche l’Idv gioca contro, non solo boccia ma grida ai quattro venti peste corna e vituperio del decreto “Salva-Italia”. Di Pietro cerca il suo “popolo” più che tra i malcontenti tra i malmostosi. Cerca voti, sposa ogni argomento, anzi umore che possa far “cassa”, appunto di voti e di viscerale consenso. Di Pietro ĆØ un problema, il problema di un partito con la insostenibile attrazione allo sfascio. Ma non ĆØ Di Pietro “il” problema.
Allora il problema ĆØ la Camusso e la sua Cgil e più in generale i sindacati? Certo sono un problema: difendono “lobby” più popolari e popolose di quelle dei farmacisti, dei tassisti, dei politici. “Lobby” socialmente più rilevanti e più sofferenti certo, ma i sindacati sono un problema perchĆ© le difendono con cultura e metodi da lobby, per di più alquanto miopi. Ma non sono i sindacati “il” problema. Almeno non quello del proprio qui ed adesso.
E allora qual ĆØ “il” problema, qui e adesso? Il problema ĆØ qui e adesso il governo, o meglio il gradualismo malattia letale del montismo. Ascoltiamo il governo, ascoltiamo Corrado Passera: “Sulle liberalizzazioni ci sono state resistenze pazzesche, ĆØ un mondo difficilissimo, non ringrazio chi si ĆØ messo di traverso”. Ma “chi” si ĆØ messo di traverso, chi pazzescamente ha resistito Passera non dice, e questo ĆØ “il” problema. Dice Mario Monti: “Le resistenze non si vincono al primo colpo”. Ed eccolo ancora “il” problema: la certezza forse eccessiva di averlo in canna e di avere il tempo per il secondo e il terzo colpo. Dice Monti: “Siamo indipendenti ma dai partiti politici dipendiamo”. Dice: “C’era una patrimoniale fattibile ma non c’era particolare entusiasmo di alcuni partiti nel farla”. Dice che presto il suo governo aprirĆ altri “cantieri per la crescita”. Ma forse il professor Monti calcola male e costruisce sghemba equazione tra gradualismo e realismo.
Aveva due cose da fare Monti: impedire che saltasse il banco e riaggiustarne le gambe. La prima cosa doveva farla in fretta e l’ha fatta. La seconda non poteva farla in fretta, ma poteva metterla per iscritto. Poteva e doveva non attendere il secondo tempo e colpo per le liberalizzazioni e le privatizzazioni. PerchĆ© non sta scritto da nessuna parte che Monti un secondo tempo lo avrĆ . Se mette l’orecchio a terra del Parlamento che sta per votargli la fiducia, sentirĆ netto e chiaro che i partiti lo sopportano, che non c’ĆØ spazio e cammino dentro la “dipendenza” dai partiti politici. Lo sopportano perchĆ© l’alternativa ĆØ il diluvio, solo per questo. Altra e diversa corda non gli daranno. E quindi il “secondo tempo” Monti ai partiti lo doveva imporre adesso, sotto forma di provvedimenti e leggi da far scattare domani ma da scrivere oggi. E le resistenze pazzesche? Rivolgersi al paese e chiamarle con nome e cognome, svelare chi ĆØ quel “chi”: partiti o lobby che siano. Rischioso certo, ma oggi molto meno rischioso che farlo domani o più probabilmente non poter farlo mai.
Non ĆØ solo “colpa” di Berlusconi quella di un paese che non ci sente e neanche tanto ci vuol sentire. “Colpa” della Lega, di Di Pietro, dei sindacati, di decenni in cui l’intero paese ĆØ stato allevato a non “fallire” mai, a trovare sempre qualcuno che paga, a non mollare mai l’osso o la polpa di denaro pubblico o di monopolio di mercato afferrato. “Colpa” di cui Monti e il suo governo sono innocenti. Ma da qualche giorno non del tutto esenti e non al di sopra di ogni sospetto. Lo stato di grazie e di sostanziale onnipotenza del governo Monti non solo non durerĆ a lungo, ma si scolora e si perde se Monti non lo usa.
Qui e adesso il gradualismo corrode e nega il buon governo possibile. Non ĆØ prudenza e neanche saggezza, ĆØ far buon viso al solito cattivo gioco. Gradualismo, una “malattia” della politica che talvolta, anzi spesso, fortifica l’organismo-governo allevando e rendendo esperto ed efficiente il suo sistema immunitario. Gradualismo, talvolta anzi spesso malattia infantile, anzi “di crescita” come le mamme sanno di fronte a qualche bolla sulla pelle del bimbo. Ma questa volta no, questa volta il gradualismo ĆØ malattia letale che si contrae stando al coperto e non rischiando il gelo esterno di una tramontana.
