Per quel che riguarda più strettamente il capitolo particolare dei cosiddetti “costi della politica” locale, qualche cifra è illuminante. Tra indennità e rimborsi i consiglieri regionali guadagnano un netto tra i 10 e i 13 mila euro mensili, quando il governatore dello Stato di New York, il più pagato d’America, si accontenta di un lordo (ripeto: lordo) di circa 10 mila euro. Il confronto con gli Stati Uniti, condotto sistematicamente da uno studioso della Università di Pennsylvania, Antonio Merlo, riserva altre clamorose “sorprese”: un consigliere regionale campano guadagna al netto più del presidente del Congresso Usa, mentre l’indennità media lorda di un governatore americano (uno Stato come la California è grande come tutta l’Italia) non arriva agli 8.000 euro lordi al mese (il presidente della giunta del Veneto ne prende 12.615 netti).
Non soddisfatti dei loro sontuosi emolumenti, i consiglieri regionali nostrani hanno trovato vari modi per rimpolparli. Primo fra tutti quello di appiccicarsi dei “gradi” con relativo supplemento di stipendio. Così nelle Regioni proliferano le Commissioni con relativi presidenti e vicepresidenti (nonché staff, uffici e autoblu) e anche il numero dei gruppi consiliari tende a lievitare fino all’assurdo. Un esempio del primo espediente è la Regione Lazio, dove le Commissioni sono arrivate a 20 (i consiglieri sono 71), con capi e vice naturalmente. Quanto ai gruppi, basti dire che nel complesso delle Regioni italiane ve ne sono bel 74 composti da un solo consigliere che si riunisce con se stesso. Qui ci fermiamo per carità di patria.
Un altro pozzo senza fondo della spesa pubblica di Regioni, Province e Comuni è quello delle società interamente possedute o partecipate dagli enti locali. Società che operano nei campi più svariati, da quelli classici della nettezza urbana o dei trasporti a quelli più anomali, come la gestione di campeggi o cineteche, di aeroporti o autostrade o la distribuzione di incentivi alle più varie categorie. Le spa pubbliche stanno registrando da tempo un vero e proprio boom, favorito dalla ricerca di strumenti che velino il vero stato dei conti pubblici (in questo caso nelle spa viene depositata parte delle perdite dell’ente locale), dalla possibilità che offrono di liberarsi di alcuni obblighi propri dell’ente locale (ad esempio quello di fare assunzioni solo tramite concorsi: così, clientelando clientelando, a Palermo c’è, ad esempio, un “operatore ecologico” ogni 259 cittadini, più del doppio che a Torino, ma la città rimane sporca assai) e da quella di creare poltrone e poltroncine, nei consigli di amministrazione, in quelli sindacali, sotto forma di consulenze o di posti dirigenziali, adatti a soddisfare le brame delle clientele politiche. Una ricerca della Uil ha calcolato che le società controllate o partecipate dagli enti locali abbiano raggiunto le settemila unità i cui oltre 24 mila consiglieri d’amministrazione costerebbero 2,5 miliardi l’anno. Ad essi si debbono aggiungere i sindaci, i membri dei comitati di sorveglianza e i consulenti vari, in tutto circa 80 mila persone. Fra queste spa, ben 500 distribuiscono poltrone e stipendi ma in realtà non hanno mai avuto la possibilità di fare qualcosa.
Una parolina almeno meritano le molte, sontuose sedi di rappresentanza delle Regioni a Roma e anche in numerose capitali estere, una simpatica consuetudine che ha ormai preso piede assieme a quella di dotare la gran parte delle giunte regionali di consiglieri diplomatici, funzionari della carriera diplomatica stipendiati dalla Farnesina e dal Mae “distaccati” in questo o quel capoluogo di Regione (previa sostanziosa indennità accessoria). A che servano i preziosi consigli di politica estera a molte Regioni non è dato sapere (per l’export vi sono strutture appoasite che i cittadini già pagano), a parte gli essenziali brainstorming che le feluche possono organizzare in vista dei viaggi (di lavoro, naturalmente) dei governatori e dei consiglieri verso mete più o meno esotiche.
Sulle abitudini spenderecce fin qui sommariamente ricordate di recente si è pronunciato anche il direttore generale di Bankitalia (in odore di governatore) Fabrizio Saccomanni. A proposito di enti e società delle autonomie locali il banchiere centrale ha fra l’altro sottolineato: “Alcuni di questi enti potrebbero essere utilizzati per eludere i vincoli di finanza pubblica imposti agli enti locali… L’esperienza della Germania dice che è possibile ottenere risparmi sostanziosi senza compromettere gli obiettivi dell’azione pubblica”. Parole sante. Meditate, gente, prima di scendere in corteo con sindaci e governatori. E chiedete loro prima un chiaro e bel rendiconto.