Fra i tanti guai che il professor Mario Monti dovrebbe ora cercare di tamponare, imponendo severi sacrifici agli italiani, se ne profila all’orizzonte uno da cui fin qui abbiamo pensato di essere esenti e che proprio alcune delle misure di risanamento di cui si sta discutendo potrebbero aggravare: una caduta dei valori immobiliari con tutte le conseguenze che altri hanno già dovuto almeno in parte pagare. Che in Italia non vi sia mai stata una “bolla” è tesi piuttosto ardita. Basti pensare che in capitali come Berlino o Bruxelles i prezzi delle abitazioni sono ampiamente al di sotto della metà di quelli medi correnti a Roma o a Milano.
Se nella Penisola la “bolla” non è finora scoppiata ciò può essere dovuto a diversi fattori. Innanzitutto al già citato diverso comportamento, assai più prudente, delle nostre banche nel concedere mutui agli acquirenti di abitazioni. Ma è evidente che se i valori di queste ultime dovessero subire forti svalutazioni anche i prestiti più “accorti” potrebbero venire a trovarsi “a corto” di garanzie ipotecarie, proprio mentre la situazione economica generale, la recessione e il conseguente aumento di disoccupazione, cassintegrazione e inoccupazione, stanno facendo uscire fette sempre più consistenti di popolazione dal novero di quanti sono in grado di onorare i loro debiti.
Si badi bene: fin qui non vi è motivo di ritenere prossimo uno “scoppio” della bolla immobiliare italiana paragonabile a quanto avvenuto negli States o, ad esempio, in Gran Bretagna. Ma vi sono invece numerosi segnali che è iniziato un più graduale ma non meno peridoloso “sgonfiamento” dei prezzi delle abitazioni che sul medio periodo potrebbe portare a conseguenze non troppo dissimili da quelle registrate altrove per il sistema bancario e per quello finanziario nel suo complesso.
Per inciso, se i valori immobiliari in Italia si sono mantenuti alti, dando l’impressione che non vi fosse alcuna “bolla”, forse ciò è in parte dovuto alla presenza di una rendita fondiaria che nelle grandi città italiche è molto rilevante e resistente per la grande indigenza del nostro sistema viario e di trasporti: abitare in centro o semicentro, a Roma e a Milano ma anche in numerose medie città, ha un “valore”, d’uso e di scambio, assai superiore che nei contesti urbani di altri paesi, basti pensare ai tempi di percorrenza delle auto private nel traffico (più 10 che 20 chilometri orari) o alle umilianti condizioni dei pendolari che utilizzano le ferrovie locali o debbono compiere lunghi tragitti in bus. In altre parole, un nostro handicap, l’alta rendita fondiaria, ha rappresentato un atout da punto di vista della vischiosità, del mantenimento di prezzi delle abitazioni elevati.
