Tagli alla Rai, leggo su alcuni giornali. E c’è anche chi azzarda un plauso al prof. Mauro Masi nella insolita veste di risanatore aziendale. Ma come stanno veramente le cose? Vediamo.
Alla Commissione parlamentare di Vigilanza il Direttore Generale della Rai ha fornito previsioni nerissime per i conti aziendali: una perdita di 600 milioni nel triennio 2010-12, un buco tanto grave da ricordare la crisi Rai del 1992. L’ anno in corso dovrebbe già concludersi con un rosso di oltre 100 milioni. Da dove vengono queste previsioni così infauste? Alcune vengono da lontano. Una per tutte, il blocco da parte del ministro Gasparri dell’accordo tra Rai Way e l’americana Crown Castle.
Gli americani volevano entrare nella società di gestione degli impianti di trasmissione Rai in posizione di minoranza e pagando oltre 300 milioni di euro. Gasparri disse no. Oggi si parla di cedere il 100% degli impianti per una cifra leggermente inferiore. Ma molti dei mali economici della Rai non sono affatto ereditari, hanno a che fare con l’attuale gestione.
Mi limito a tre esempi. Primo, alcuni dei programmi di punta della Rai danno, per motivi vari, un’idea tutt’altro che solida dell’azienda. Mi riferisco all’indebolimento del TG1 di Augusto Minzolini, che ha perso oltre il 3% di share nelle prime 12 settimane del periodo di garanzia 2010 rispetto alle corrispondenti del 2009. E mi riferisco al continuo stop and go –e in qualche caso al vero e proprio mobbing- cui sono sottoposti altri programmi di successo.
Secondo. La Rai tiene sul fronte degli ascolti ma non tiene il passo di Mediaset sul piano degli introiti pubblicitari. E nonostante questo Masi ha pensato bene di sostituire i vertici della concessionaria Sipra perché troppo autonomi dalla concorrenza. Infine, più di metà del deficit 2010 deriva dal mancato rinnovo dell’accordo con Sky per i canali Rai sul satellite. Per giustificare l’arruolamento Rai in una guerra non sua, quella tra Mediaset e Sky, Masi disse allora che il mancato introito sarebbe stato compensato da incrementi di entrate pubblicitarie. Non sembra proprio che sia andata così. Ora, rispetto a questa difficile situazione, i tagli annunciati, con qualche mese di ritardo dal via al piano industriale, ammontano forse a un paio di milioni quest’anno e a circa 15 milioni per il biennio 2011-2012. Per rimettere in sesto i conti Rai servono ben altre scelte industriali. Questi tagli, giusti o sbagliati che siano, più che a una cura di risanamento somigliano a un’ aspirina. Anzi, a un placebo.