Pensioni, Corte Costituzionale coerente, politici e super tecnici fanno orecchie da mercante
ROMA – Ai politici e ai “tecnici” o “supertecnici” smemorati che criticano la “storica” sentenza n. 70 della Corte Costituzionale (Presidente Alessandro Criscuolo, relatrice Silvana Sciarra) che ha finalmente sbloccato dopo anni la perequazione sulle pensioni da medio basse in suโ, cioรจ di importo superiore a euro 1.217,00 netti al mese, vorrei ricordare che la Consulta ha semplicemente posto riparo ad una grave e discriminatoria ingiustizia, cioรจ il mancato adeguamento dei vitalizi al costo della vita e, applicando alla lettera la Costituzione, ha ripristinato lo stato di legalitร dopo che vari Governi e Parlamenti in diversa composizione si sono reiteratamente infischiati degli “ultimatum – o, piรน elegantemente, dei “moniti” – dell’Alta Corte a partire dal 2004 in poi. Era quindi un verdetto largamente prevedibile che non puรฒ e non deve suscitare alcuno scandalo, almeno fino a quando resterร in vigore l’attuale Carta repubblicana.
A chi apre la bocca e gli dร fiato senza conoscere bene i fatti consiglierei un’attenta rilettura in particolare di 3 sentenze: la n. 30 del 23 gennaio 2004 (Presidente Riccardo Chieppa, relatore Ugo De Siervo), la n. 316 dell’11 novembre 2010 (Presidente Francesco Amirante, relatore Luigi Mazzella) e la n. 116 del 5 giugno 2013 (Presidente Franco Gallo, relatore Giuseppe Tesauro), che dimostrano l’assoluta coerenza, correttezza ed equitร dei giudici della Consulta, nonchรฉ il loro equilibrio e buon senso. Lo Stato, che aveva giร bloccato la perequazione delle pensioni per il 1998 e il 2008 ed ha poi reiterato la mancata rivalutazione monetaria di milioni di vitalizi anche per il 2012, 2013 e 2014, ha, invece, scelto la strada senza uscita di infischiarsene dei moniti della Consulta e di “rapinare” di fatto milioni di cittadini.
E’ notorio, infatti, che la pensione ha la funzione di “retribuzione differita” e, per le modalitร con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, รจ, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensรฌ sullโultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento รจ giร stato intaccato. In sostanza il danno del blocco della perequazione รฉ irreparabile ed ha effetti negativi permanenti sulle pensioni. Questi i principi affermati nei 3 precedenti verdetti della Corte Costituzionale, che, come รจ noto, parla attraverso le sue sentenze:
1) sentenza n. 30 del 2004, meglio spiegata nel mio articolo allegato in calce e riportato su http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=107: “il verificarsi di irragionevoli scostamenti dell’entitร dei trattamenti di quiescenza rispetto alle effettive variazioni del potere di acquisto della moneta, sarebbe indicativo dell’inidoneitร del meccanismo in concreto prescelto ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia mezzi adeguati ad una esistenza libera e dignitosa nel rispetto dei principi e dei diritti sanciti dagli artt. 36 e 38 della Costituzione”;
2) sentenza n. 316 del 2010: “la sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo, ovvero la frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalitร , perchรฉ le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere dโacquisto della monetaโ.
3) sentenza n. 116 del 2013: “il maggior prelievo tributario rispetto ad altre categorie risulta con piรน evidenza discriminatorio, venendo esso a gravare su redditi ormai consolidati nel loro ammontare, collegati a prestazioni lavorative giร rese da cittadini che hanno esaurito la loro vita lavorativa, rispetto ai quali non risulta piรน possibile neppure ridisegnare sul piano sinallagmatico il rapporto di lavoro”. Pertanto si determina un giudizio di irragionevolezza ed arbitrarietร del diverso trattamento riservato alla categoria colpita, ยซforiero peraltro di un risultato di bilancio che avrebbe potuto essere ben diverso e piรน favorevole per lo Stato, laddove il legislatore avesse rispettato i principi di eguaglianza dei cittadini e di solidarietร economica, anche modulando diversamente un โuniversaleโ intervento impositivoยป. Se da un lato lโeccezionalitร della situazione economica che lo Stato deve affrontare รจ suscettibile di consentire il ricorso a strumenti eccezionali, nel difficile compito di contemperare il soddisfacimento degli interessi finanziari e di garantire i servizi e la protezione di cui tutti cittadini necessitano, dallโaltro ciรฒ non puรฒ e non deve determinare ancora una volta unโobliterazione dei fondamentali canoni di uguaglianza, sui quali si fonda lโordinamento costituzionale”.
L’unico argomento che viene sbandierato oggi da politici, “tecnici” o “supertecnici” per cercare pervicacemente di contestare la decisione dell’Alta Corte รฉ che lo Stato dovrebbe rimborsare tra i 5 e i 10 miliardi di euro, cioรฉ un costo troppo alto cui far fronte. Ma, guarda caso, ci si dimentica di ricordare che: 1) che davanti alla Consulta la Presidenza del Consiglio, rappresentaa dall’Avvocatura dello Stato, ha quantificato in 4 miliardi 800 milioni di euro l’esborso per la Stato in caso di sentenza di incostituzionalitร . E ciรฒ in base a stime precise del Ministero dell’Economia. Come si fa allora a parlare di cifre comprese fra i 5 e i 10 miliardi di euro? Non si indicano forse importi a caso? 2) i pensionati sono notoriamente i maggiori contribuenti italiani che hanno sempre pagato puntalmente le tasse ed hanno finora funzionato per i vari Governi come una sorta di Bancomat; 3) sul totale del rimborso dovuto in base alla sentenza n. 70 del 2015 lo Stato recupererร all’istante in media circa un terzo sotto forma di tassazione IRPEF (con punte anche del 43%) e incasseranno automaticamente molti soldi anche i Comuni e le Regioni con le 2 addizionali previste dalla legge. Di conseguenza le stime di 4,8 miliardi – o addirittura di 5/10 miliardi di euro – sono comunque al lordo delle tasse, e non al netto; 4) che in ogni caso il rimborso dovuto in base alla sentenza n. 70 del 2015 potrร per il passato essere dilazionato dallo Stato in piรน anni, come รฉ giร avvenuto nella legge di stabilitร per il 2014 per restituire i circa 80 milioni di euro corrispondenti ai tagli in vigore dall’agosto 2011 al giugno 2013 (data della sentenza della Corte Costituzionale n. 116) sulle pensioni di oltre 90 mila euro lordi l’anno; 5) la tassazione IRPEF cui sono sottoposti i pensionati italiani รฉ la piรน alta d’Europa a differenza di quanto avviene, ad esempio, in altri Paesi come la Germania o il Portogallo dove ogni anno i pensionati pagano meno della metร ; 6) l’art. 53 della Costituzione prevede che tutti i cittadini contribuiscano a paritร di reddito, in quanto i sacrifici che lo Stato puรฒ richiedere riguardano tutti indistintamente. E’ un principio basilare riaffermato in particolare nella sentenza della Consulta n. 116 del 2013. Pertanto non puรฒ essere tartassata solo la categoria dei pensionati, solo perchรฉ รฉ quella piรน facile da colpire, ma devono pagare le tasse e, in particolare, il contributo di solidarietร anche tutti gli altri cittadini (cioรฉ i lavoratori autonomi e dipendenti pubblici e privati, enti e societร ) che annualmente dichiarino gli stessi guadagni al fisco; 7) lo Stato continua incredibilmente ad elargire migliaia di generosi e sostanziosi vitalizi a ex deputati, senatori, parlamentari europei, Governatori e consiglieri regionali e Sindaci di grandi cittร che finiscono di fatto per usufruire gratis di una seconda pensione pagata da “Pantalone” in base ad una distorta interpretazione dell’art. 31 dello Statuto dei lavoratori in vigore da 45 anni, che sarebbe costata sinora all’Erario almeno 5 miliardi di euro. ; 8) lo Stato ha la possibilitร di ricavare forti entrate attraverso una vera lotta all’evasione fiscale, anzichรฉ continuare a prendersela sempre con chi non sfugge. In conclusione, le sentenze dell’Alta Corte, in base all’art. 136, 1ยฐ comma, della Costituzione vanno applicate senza se e senza ma, cioรฉ senza fantasiose ipotesi che provocherebbero solo una valanga di ricorsi in tutti i tribunali. A partire da giovedรฌ 7 maggio (giorno successivo alla pubblicazione della sentenza n. 70 della Consulta sulla Gazzetta Ufficiale) perderร quindi valore giuridico la norma di cui all’art. 24, comma 25, del decreto legge Monti-Fornero del 6 dicembre 2011 n. 201, convertito dallโart. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011 n. 214, nella parte in cui prevede che ยซIn considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dallโart. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, รจ riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per centoยป. Ciรฒ non consente che possa essere costruita ora un’altra disposizione di legge ad hoc con effetto retroattivo a danno di 6 milioni di pensionati e delle loro famiglie. Pertanto l’adeguamento al costo della vita delle pensioni superiori a 3 volte il minimo INPS non รฉ certo colpa della Consulta, ma solo dei vari Governi che per 11 anni hanno voluto apertamente sfidare la Corte, infischiandosene altamente dei suoi cortesi e reiterati inviti, e, anzi, perseverando ostinatamente nell’errore di bloccare per anni l’adeguamento dei vitalizi al costo della vita, come se i pensionati fossero dei cittadini di serie B.